confessa il proprio scacco, riconosce la propria fatuità, consentendo anche di interrogarsi sullo statuto della comunicazione epistolare, sui «pensieri frammentari» che la rendono così labile. Il marcato risvolto virile della personalità di Ulrike, al di là di connotati di maniera (ad esempio il fatto, immancabilmente ripetuto dalle biografie, che solesse abbigliarsi in vesti maschili), doveva impedire a Heinrich di conservare un accento di superiorità pedagogica, ma anche consentirgli di confidare nelle risorse di questa donna di tempra non comune, capace di amministrare il proprio patrimonio come la propria indipendenza. Già dalle prime lettere, in tal senso, Kleist esterna ad Ulrike una rivelazione a tutta prima curiosa, che verrà ripetendo col tempo: «se tu fossi un uomo o non fossi mia sorella, sarei orgoglioso di legare il destino di tutta la mia vita al tuo»4 • L'immediata preterizione comporta però l'osservazione di un «lato oscuro» nella sorella, l'ombreggiatura di un contrasto, che ritorna nei versi che Heinrich donò ad Ulrike per il capodanno del 1800. «Anfibio, tu che vivi in due elementi,/ non oscillare oltre e scegliti finalmente un genere sicuro. I Nuotare e volare non vanno insieme, perciò abbandona l'acqua,/ lanciati nell'aria, spalanca le ali e vola!»5 • Un'ambiguità, del resto, suffragata dallo scarto tra lo stereotipo androgino su cui insiste molta letteratura kleistiana e lo sguardo intenso e delicato di quella miniatura. Quando vorrà definire il Lebensplan, il «piano di vita» che minuziosamente quanto vanamente andava predisponendo per i suoi anni di apprendistato, Kleist ricorre a un termine in cui risuona la voce della sorella (Bimkuchen, qualcosa come «focaccia di pera», un termine spiritoso che doveva rientrare in loro irricostruibili complicità6). Ben presto, tuttavia, il «piano di vita» diventa per Kleist un «cerchio di gesso»7 che lo imprigiona e lo paralizza. Lo scacco pedagogico marca un insuccesso nella rispondenza alle attese veicolate dalla perso46
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