Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

mettendoli insieme con Beckett e Michaux, Donald Barthelme e Snoopy». Proprio l'evidenza della complementarità dei due ruoli rappresentata dal sintagma "scrittore che ha letto" fa dei Silenzi collettivi di Lucio Klobas il testo-lettura di cui parla Barthes in un saggio del '70 (intitolato appunto Scrivere la lettura). Lettura è perversione del Testo (inteso come campo metodologico formato dalla pluralità dei testi), è gioco condotto con il Testo; un gioco svolto secondo "regole" di poetica che provengono, nel caso del romanzo di Klobas, dalla logica della narrativa sperimentale. Lettura è, quasi per conseguenza naturale, «giocare il Testo» e dunque produrre scrittura. L'astioso e nevrotico protagonista dei Silenzi collettivi è la forma assunta dal fitto reticolato intertestuale e persona il punto di vista dell'autore in merito al come fare letteratura, che è poi il punto di vista dello sperimentalismo, dove lo sgretolamento della realtà si fa evidente nello sgretolamento del linguaggio. Così il monologo ininterrotto del personaggio chiacchierante rivela le tracce verbali e tematiche di altri scrittori ilarotragici che hanno segnato una svolta nel gusto degli anni '60. Già dalle prime pagine si delinea un certo tipo di operazione consistente nel prelievo di determinati frammenti dalle letture e dal parlato e nel loro innesto nel tessuto connettivo del discorso generale, attuato con la logica della sconnessione. La scrittura registra così la convivenza di frasi fatte e citazioni, detti e contraddizioni: la pagina risulta diagramma discontinuo, grafico del caos esistenziale nel cui tracciato diventa naturale l'incontro, per esempio, con Michaux (in prima pagina, tra motociclette e alberi), o con Giuliani: il «salgono fino ai denti» di Klobas (cfr. p. 8) è eco fedele da Altrimenti non si spiega. E il motivo dei denti è particolarmente ripetuto nel romanzo di Klobas: 223

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