Questo schema generale, prosegue Freud, «appaga semplicemente una esigenza che da tempo ci è familiare, e cioè che l'apparato psichico sia costituito come un apparato riflesso»33 ; un commento che nel caso di cui ci si occupa viene a corroborare opportunamente un'ipotesi in precedenza avanzata: smontato e ridotto alla sua impalcatura originaria, l'apparato psichico non può che funzionare come un meccanismo riflesso, come un dispositivo condannato a seguire nell'appagamento del desiderio le modalità della «scarica» e le leggi che presiedono ai processi psichici primari. L'interrogativo rimasto in sospeso fin dall'inizio, intorno a cosa per il paziente resti a segnare la differenza fra sogno e non sogno, può a questo punto trovare l'unica risposta possibile: nulla. Nulla si fa più garante della distinzione fra sogno e non sogno, fra immaginario e realtà. Ogni esperienza può pertanto essere legittimamente omologata al sogno: anche le scorribande notturne in direzione della camera della madre, benché indubbiamente di un altro «sogno difettoso» si tratti. L'indistinzione fra immaginario e realtà segna per il paziente l'ingresso e la permanenza nel sintomo psicotico ed è al tempo stesso il fattore che, a due anni dall'inizio, determina l'interruzione della terapia. Il sognatore si invaghisce di una ragazza la quale a sua volta si innamora di lui; rapidamente il giovane decide di andare a vivere a casa di lei, ed al suo ingresso in quel luogo corrisponde, nel giro di breve tempo, l'uscita dalla cura34 • Come nei precedenti, anche in questo caso lo scambio avviene tra un elemento carico di reale, la casa della ragazza, ed un altro, la terapia che, pur attingendo in parte al reale, non vi appartiene interamente: in qualche modo, infatti, vi sfugge e si indirizza altrove35 • In direzione di un'area tale da avvicinare il luogo da cui è possibile sognare sapendo che di sogno si tratta. Come si è visto è quel luogo precluso al paziente nel momento in cui mi186
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