persino fare un nuovo tentativo che, con grande sforzo, partorisco qualche riga», confidava al suo corrispondente americano. «Se la grafofobia non è ancora ufficialmente una forma di neurastenia, non di meno essa è qualcosa di reale e mi causa tormento». Specialmente quando «si tratta di rivedere una lezione o di scrivere molto liberamente a un amico il quale occupa un posto speciale in fondo al mio cuore e a cui ho il più grande desiderio di rispondere senza indugio.... Questa incapacità di scrivere è una grande prova per me, sta veramente diventando una malattia» (2 ottobre 1894). Difficile trovarvi rimedio. Taluni raccomandavano le iniezioni di Brown Sequard contro l'affaticamento nervoso, ma un suo conoscente non ne aveva tratto alcun giovamento; James gli raccontò che otto di quelle punture lo avevano costretto a letto per cinque settimane e così Flournoy s'era dissuaso definitivamente dal provarle. Si trascinava sempre lo stesso problema, ora più ora meno grave: «la mia grafofobia cresce ogni anno, e rivela, nelle sue forme esagerate, la sua natura ovviamente patologica. Ho lasciato perdere tutto il lavoro bibliografico. Gemo e mi abbrutisco su vecchi documenti mediocri e privi di interesse... ma non riesco a cavarci altro che scoraggiamento e profonda noia» (18 dicembre 1907). Non sapeva come fare: «dovrei cambiare la mia natura da capo a fondo». Un comune conoscente, alquanto bizzarro, gli raccomandava il quasi digiuno, esercizi yoga e la fede; ma la seconda gli difettava e nei primi si sentiva ridicolo. James gli consigliò cure a cui lui stesso si sottoponeva: elettroterapia e soprattutto iniezioni di «Roberts-Hawley lymphcompoud»; gliene spedì una bottiglia vantandone i portenti: «la fatica diminuisce, il sonno migliora, la digestione pure, coraggio e aggressività prendono il posto della pusillanimità». In confidenza, asserì, il proprio potere lavorativo dipendeva dalla dose semestrale del prodotto cui ricorreva ormai da otto anni. La depressione di Flour145
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