che li hanno prodotti; intende permettere all'individuo sofferente, inibito o coartato, la ripresa di una crescita personale, l'espressione della sua autentica natura, la liberazione delle potenzialità creative. Crescita e creatività riconoscerebbero così la comune etimologia, e la ri-creatività analitica risulterà, secondo l'alleanza terapeutica, dall'apporto di entrambi i membri della coppia analitica. L'Olivieri ci ricorda che a Firenze, Ristoro (parola affine a restauro, con cui si allude in genere ad un restauro del corpo e dello spirito) «fu anche nome di persona, per abbreviatura di Buon-ristoro, quando si volle designare un figlio, quasi subentrato in luogo di un altro, prima perduto» (da cui nomi come Restituito e Buon-cambio e cognomi famosi come Ristori, Ser-ristori e Ser-cambi). Noi analisti sappiamo, per esperienza clinica quali incubi, fatali colpevolezze e crudeli espiazioni procurino ai figli simili pretese, che non si traducono solo nei nomi di battesimo, di ritrovare, di riavere col nuovo nato un fratellino prematuramente scomparso e quasi beatificato. Quando contrapp, ongo al restauro psichiatrico la ricreazione psicoanalitica tengo conto della natura diadica del lavoro analitico, dai profani e dagli orecchianti al contrario inteso come una speciale investigazione su di un paziente passivizzato. Col tempo ci siamo sempre più convinti dell'importanza fondamentale della relazione analitica, rispetto a qualsiasi altro elemento della psicoanalisi. Dal trattamento che vede il paziente come indispensabile cooperatore non ci si attende dunque di restaurare una precedente condizione di presunto benessere, né di riplasmare !'analizzando secondo le ideologie e i gusti dell'analista, ma di dare alla luce il vero Sé imbozzolato nel falso Sé; di compiere cioè, lo ripeto, un'operazione maieutica, da cui, per il concorso della creatività terapeutica dell'analista e della creatività cooperativa del paziente, che è fatta anche di angosce e di pene soffer62
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