4. Dall'errore al restauro anti-cosmetico Il ràpporto con l'oggetto da restaurare è iJ problema irrisolto del restauro cosmetico, o meglio, è risolto, nel senso che per definizione esso mira sempre soltanto a un oggetto parziale, ma denunciato come se fosse la totalità e la verità. Forse non è facile oggi trovare qualcuno che condivida pari pari l'idea di Ranke, secondo cui il lavoro storiografico sarebbe ricostruzione del passato «com'è realmente avvenuto». Applicato ai testi filosofici, ciò potrebbe significare che la riscrittura, il restauro di essi può sostituirsi integralmente ad essi e, al limite, farli scomparire, come avvenne per alcuni testi dell'antichità. Il testo originario continua, dunque, a sussistere e coesistere accanto ai restauri interpretativi ed è in relazione ad esso che questi inevitabilmente si confrontano. Se si elimina. questa dualità, il discorso su un testo non sarà più, per definizione, discorso su quel testo: ogni restauro scritto rinvia sempre e, per quanto esiguamente, allo scritto che lo suscita. Ma ciò pone anche il problema dei destinatari del restauro, un problema invece del tutto assente dalle ermeneutiche contemporanee, in particolare da quella di Gadamer. In realtà ogni restauro interpretativo non è mai soltanto un rapporto tra chi restaura e il testo. Consegnandosi a una scrittura extra-testo, il restauro rinvia anche a un terzo polo, in grado di accedere anch'egli in qualche misura al testo su cui verte il restauro e di accettarlo, rifiutarlo, correggerlo in relazione a questo comune punto di riferimento. Credo che sia questa una via più appropriata per porre il problema dell'oggettività, non nel senso arcaico, banale e fuorviante-sul quale si soffermano compiaciuti i fedeli ermeneuti in arretrato di epistemologia-di «rispecchiamento» fondato su una distinzione tra soggetto e oggetto, per garantirsi una posizione, che coincide in sostanza con una forma di solipsismo ermeneutico. L'oggettività è resa possibile dall'esistenza di 189
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