Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

Ed anche la lotta tra Mutevolezza e Natura, con la quale Spenser aveva provvisoriamente concluso il suo poema, non era stato che un primo tentativo di presa di distanza, che rendesse la natura dicibile in sé. Prima del mito. Prima del significato. Perché lì, nei Mutability Cantos,. la vittoria aveva infine arriso alla Natura sempre uguale a se stessa, allegoria della normamorale. Da questa che può leggersi come una prova debole della scena della Caduta, Satana-Mutability era uscito sconfitto. E il paradiso di Adamo ed Eva era stato lasciato intatto. Questa eredità raccoglie Milton, il quale pone il suo quadro direttamente nel paradiso: e lì la favola esperia gli si rivela ancora vivente, perché ancora immersa nella sua lunga fase prelinguistica. Non favola ancora, nè mito, nè figura - nulla di tutto quanto è andato distrutto insieme ai paradisi artificiali - ma semplicemente «vera», come solo nel giardino di Dio può esserlo. Per far sentire quest'ancoraggio profondo della lingua all'indicibile - per dirlo dunque - Milton si appoggia alla figurazione classica, nella quale il mito già gli si offriva atteggiato, ma sempre con un movimento che la scarta: «non il bel prato di Enna, dove Proserpina, cogliendo fiori, lei stessa il fiore più bello, dal tenebroso Dite fu colta [ ...] ». La sua lingua lavora a un livello più profondo dell'ekphrasis, della descrizione poetica dell'oggetto artistico; non si accontenta di quel raddoppiamento. Si spinge oltre quel rassicurante riferimento a un mito già espulso all'esterno come figurazione, o come racconto ereditato dalla tradizione. Essa raccoglie sì il mito, ma lo trasforma, perché lo radica nell'interiorità, e lo trasferisce, così radicato, nel moderno. «What thou seest [...] is thyself», dice Dio ad Eva che, appena venuta alla vita, fissa affascinata la propria immagine nell'acqua trasparente di un lago. Fornita di tale consapevolezza, ella è ben più di Narciso. La fair image è passata dentro di lei, ed ella sa che in 78

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