Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

nesimo e di un logocentrismo millenari» (ivi). Il frangersi della comunicazione verbale lineare sembra, in effetti, comportare o favorire la rottura con la comunicazione verbale e con la logica discorsiva: "La poesia visiva non si separa dalla mutazione che da un secolo a questa parte si è impadronita del mondo: passaggio dall'intellettualismo al sensorio, dal leggibile al visibile, dal ragionato al sensibile" (Garnier 1968,57). «Lo spazialismo passa continuamente dalla frase-materia al segno-energia, tentando di sfuggire alla banalizzazione del leggibile e a una lingua fondata su postulati antichissimi, nati al tempo degli indo-europei, quando il pastore spingeva le proprie greggi» (op.cit.,20). La poesia spaziale non si propone il fine di comunicare, non costituisce un «sistema di referenza» (Nagy 1978,115), «essa offre al lettore il processo della propria realizzazione, in quanto procedimento ed elaborazione» (op. cit.,11). Il poeta crea un testo che non è identico che a se stesso (op.cit.,71). Per far ripiegare l'espressione su se stessa possono venir impiegati diversi mezzi. La ripetizione di parole isolate può essere sufficiente - come suggeriva Kandinsky nel 1911 (A proposito dello spirituale nell'arte) - per cancellare la sua significazione e ridurla alla sostanza grafica. L'attenzione viene ancor meglio spostata dalla significazione se gli elementi verbali isolati costituiscono configurazioni che, a loro volta, non hanno alcun legame con oggetti reali. La dissoluzione dei monemi in lettere, poi la decomposizione delle lettere nei loro elementi costitutivi portano in linea diretta al suicidio verbale praticato da Waleri Scherstjanoi (Zaoum-pismo, 1985, ed. Riha e Schmidt). Il metodo consiste nello scrivere verso su verso, a macchina o a mano, nel senso letterale del termine (figura 8). 85

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