Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

«Certo».· «E la critica non è encomio: essa è imparziale, no?». «Dovrebbe esserlo». «Ed il giudizio dipende da leggi, leggi prestabilite. Ora, il gusto conosce poche leggi, e queste non hanno base scientifica e sono facilmente opinabili, anzi direi, spesso opinabili. Giusto?». «Fin qui. Continui» disse il Professore. «Se una persona contesta il suo giudizio in fatto di gusto, _come potrà lei provare che quello sbaglia? Se una persona giudica bello ciò che per lei è brutto, sarà senz'altro da ritenersi sincera; e se costei è istruita, come può lei dire che il suo giudizio è peggiore? Infatti, De gustibus non est disputandum. La critica del gusto quindi non è materia di giudizio. E ne consegue che la critica basata solo sul buon senso è insufficiente. Quindi, la critica del gusto non ha senso. Il punto era perciò: non siate severi in materia». «Ne terrò conto, caro Hanbury, ne ferrò davvero conto, benché penso che lei non abbia dimostrato molto. Comunque le risponderò in modo indiretto, poiché non sono neppure io certo 'de gustibus', per riferirci a prima». «Dunque» disse Hanbury. «Se lei pensa esistano davvero leggi verificabili, ebbene ne sarei felke almeno per un motivo: quando uno è moralmente sicuro di aver ragione, è un peccato che non lo possa provare su base logica». «Io ho una teoria» disse il Professore; «ma temo che». «La prego, ne parli» disse Hanbury: «sento che sarò suo discepolo». «Il primo, dunque» disse il Professore. «Posso seguire il metodo socratico? Posso aprire la partita con la racchetta della dialettica' che voi avete riposto?». «Come avete detto? la 'racchetta della dialettica'? ed io sarò lieto di - come si dice? È tredici anni almeno che ho lasciato i giochi dell'infanzia, di 'essere il suo volano' - ecco, proprio così, di essere un volano». 70

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