Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

E non minore rilievo, accanto a tutte queste «variabili», avrà la versatilità e la precisione degli strumenti tecnici, che egli saprà eventualmente aggiustare, adattare, trasformare in protesi19 • Sarà innanzitutto protesi visiva !'�,ampiezza accomodativa» dell'occhio - soggettivamente determinata dal corredo diottrico e dalla curvatura del cristallino - che entra nel gioco della rifrazione, della qualità dell'immagine e dell'acutezza visiva. Così l'occhio si aggiusta nel campo visivo per piccole contrazioni organiche (i continui brevissimi spasmi dei muscoli e dei nervi ottici), e lo sguardo si specializza per mezzo di appoggi esterni (lenti, occhiali, canocchiali...) anche occasionali; per Hopkins gli oggetti più disparati possono trasformarsi in protesi dello sguardo pluri-prospettico sul mondo: una pozzanghera, il lembo coprente di una nuvola, l'ombra delle ciglia, la parete convessa di un bicchiere o quella concava di un cucchiaio, una semplice goccia e tutto quanto, magari inaspettatamente, incrementi il gioco della luce e la moltiplicazione delle immagini. Così l'attività sensoria («simple apprehension») si fa più propriamente «understanding», discorso sull'oggetto. «Running the Letter»20 • Ritrovati, per quanto possibile, il tempo, il luogo e i modi fisici e mentali della percezione dell'inscape, ne cercheremo ora le tracce all'interno del discorso hopkinsiano. Se l'immagine «inscaped» consente un'apprensione essenziale dell'oggetto o del paesaggio naturale, il tratto che la disegna o la parola che la designa o la desqive saranno altrettanto netti, «inscaping»: come già la percezione, anche la rappresentazione - nel «m-0od» e nella tecnica che l'accompagnano - si sottrae all'automatismo cognitivo ed estetico, alla logica discorsiva del quotid0iano. Con la stessa interpunzione precisa, singolare, quasi esasperata, del1'occhio che «marca» le circonvoluzioni della materia, del45

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