Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

rinvii testuali delineata, ma solo in minima parte, poco sopra. Del resto, il paludamento del Tasso nei margini dell'invenzione poetica mariniana non si deve circoscrivere a questo solo luogo, forse tra i meno riposti. Volgendo di nuovo l'attenzione alla Lira, e questa volta a un testo che, nell'oltranza dei suoi materiali, non converge ad «Onde dorate» ma resta a testimoniare una diversa rotta del medesimo tema dello specchio nel Marino lirico, un nuovo acquisto offre il già citato son. «Fosti di pianto», uno dei più concettosi fra quelli che declinano la comparsa dello specchio nella Lira; sia consentito, anche in tal caso, un cenno la cui brevità di postilla giustifichi l'esigenza di future e più dettagliate ispezioni. In esso il Marino introduce a parlare l'immagine dell'amata riflessa sulla superficie dello specchio, in cui ora si metaforizzano le lacrime dell'amante, e fa che essa si rivolga in questi termini alla donna reale'°: Or se ne' pianti suoi, ne' suoi toi;menti me sì bella dipinge empia e nemica, che farebbe cantando amica e pia? Collocata nel medesimo punto del sonetto, l'ultima terzina, una riflessione del tutto analoga era stata elaborata dal Tasso in «A' servigi d'Amor»: Or se madonna a' suoi ministri è tale quai fian le piaghe onde i rubelli ancide? Nella pagina precedente a quella in cui si legge il son. «Fosti di pianto», il Marino aveva inserito «Amor, non dissi il ver»; le due liriche si iscrivono in una ridotta sequenza narrativa concernente le peripezie dell'amante nei suoi tentativi di relazionarsi stabilmente alla donna desiderata. «Amor, non dissi il ver» costituirà dunque la 'partitura' recitata dal poeta, che si trova isolato e sermoneggia della 199

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