Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

pagani che affiorano, e che ricorrono in tutta la poesia di Hopk.ins. I lampi di primavera tra cerchie folte d'erba colpiscono le orecchie di un osservatore che vede sui prati lieti balzare gli armenti cari a Venere, del De rerum natura. Ciò che egli sente fortemente è un'eco dell'antica dolcezza del giardino dell'Eden. Le uova dei tordi paiono riprodurre in piccolo minimi cieli, mentre il fischio del tordo colpisce l'orecchio come lampi: è il sonetto glorioso «Spring» (9): Thrush's eggs look little lcw heavens, and thrush Through the echoing timber does so rinse and wring The ear, it strikes like lightnings to hear him sing; (9, versi 3-6)7. Certo questo è ancora il lampo della maestà e dell'amore del «Wreck», nella delizia di una natura che, dentro la grandezza di Dio, porta i segni del suo splendore pagano. Ma come è diversa la saetta del nostro sonetto: forked lightning, forcuta rottura figurata nel cielo, forcuta come la lingua menzognera degli uomini, come il piede del capro satanico, degli angeli decaduti che precipitano dal cielo con le saette che portano distruzione. Lontano dall'incanto effusivo dei sonetti gloriosi, qui siamo investiti dal sentimento di una tragedia, dal dialogare interiore di un «io» che si espone con parole che potremmo trovare sulla bocca di Lear, di Macbeth, di Hamlet, se non fosse per un certo modo abrupto, repentino di dire «io», che è così nuovo, rispetto, per esempio, a quello romantico. Un modo moderno, su cui torneremo. Viene al proposito da riferire a Hopkins, quantò egli dice del musicista che forse preferiva: «Henry Purcell» (21). 18 It is the forgèd feature finds me; it the rehearsal Of own, of abrupt sélf there so thrusts on, so throngs the ear. (21, versi 7-8)8

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