Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

che modo, una rappresentazione della realtà, allora la si dovrà pensare come «non uno specchio ma un orologio che anticipa» (CD, 1122; cit. in Deleuze-Guattari 1975, p. 9 4 ). Ma che tipo di rappresentazione (o di somiglianza) è una rappresentazione (una somiglianza) che anticipa? Per capirlo occorre probabilmente richiamare i tre punti di vista metapsicologici di Freud per tentare un'altra generalizzazione. È tipico della cultura differenziale francese - il discorso vale per Deleuze, quanto per Derrida e per Lyotard (fino al saggio sul post-moderno) - riferirsi probabilmente a una metapsicologia ridotta, che al punto di vista topico - serbatoio di rappresentazioni - oppone il punto di vista economico o energetico. Così avviene ad esempio nell'importante testo sulla différance di Derrida (1968), e così avviené nel saggio deleuziano su Kafka, dove tutto ciò che appartiene alla sfera del Significante viene respinto in nome della deterritorializzazione assoluta, delle intensità pure. Si comprende, allora perché il divenire-animale non sia una metafora: esso è piuttosto una metamorfosi, un processo, cioè un «tropo» di pura energia, senza traccia di significazione. E si compr�nde ugualmente bene che tutta la nostra interpretazione, in quanto è triadica, recupera e assegna un ruolo primario al punto di vista dinamico (che è già, anche se imperfettamente, strategico). Non ci si può rinchiudere nella stretta contrapposizione tra una :metafora/topica e una metonimia/energetica. Ma neppure si può riproporre una difesa della metafora, la cui regalità va senz'altro ridimensionata e chiarita. Il primato della metafora è destinato a condurre (o a ricondurre) sempre il lettore di Kafka a qualche semplificazione sociologica. Prova ne sia che a tale tentazione non sfuggono i contributi di maggior pregio su Kafka, come il citato libro di Baioni: «La fortezza da espugnare era il castello dei Klamm, dei Sortini, dei Bi.irgel, dei Momus e dei Sordini, che con l'ar167

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