Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

corridoio della clinica: n' on avevo emozioni, pensieri, solo un'insopportabile sensazione interna che non riuscivo a localizzare. Avvertivo una tremenda mancanza di spazio. Mi sembrava di giacere su un pavimento di pietra sotto un impiantito di legno saldamente connesso: ero nello spazio tra l'uno e l'altro... Non so quanto durò tutto questo, giacché il mio senso del tempo non funzionava. Percepivo tutto quanto accadeva intorno a me ma ero interamente al di fuori di tutto ciò». Finché una malata di mente le si ferma accanto e le rivolge delle parole di incoraggiamento: «'da sotto l'impiantito', la guardai. Sentii che eravamo vicinissime l'una all'altra - entrambe, in qualche modo, sul filo del rasoio del vivere; e, per un istante, ci incontrammo. Una 'persona normale' e una 'malata di mente': pensai che non esistono linee di frontiera nette». La linea di confine dell'angoscia anche qui è superata, non più nell'impietrimento ma nella perdita in comune dell'altro. E qualcosa prende rilievo, la «miracolosa cosa» accade: «sembrava che il mondo si fosse aperto... Se·i malati mentali sopo anch'essi capaci di amore, vale la pena di vivere»): ·Moreno Manghi 129

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==