Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

La lettera, il testo, il senso Una definizione del termine alla cui ombra si raccoglie il presente fascicolo, potrebbe suonare così: La Lettera è ciò che fa nodo nel discorso. Ora, ciò che «fa nodo» può essere o una lettera (una lettera dell'alfabeto), o un gruppo di lettere, o una sillaba, o un intero vocabolo, o un vero e proprio sintagma. Tutto ciò che fa nodo è: la Lettera. La quale designerà insomma, nella sua materialità, ciò che fa intoppo, groviglio, ostacolo, interruzione, ingorgo nei confronti del decorrere lineare, progressivo, t�leologico del discorso. Ma se il discorso, nel suo decorrere lineare, progressivo ecc., è, ovviamente, fatto di lettere, come qualificare, oltre alla metafora del «far nodo», quella lettera che, appunto, «fa nodo»? Ebbene, la lettera che fa nodo - e che per ciò si configura come la Lettera per eccellenza - è quella stessa il cui valore di senso non si inscrive nell'ambito dell'enunciato che la contiene; né in quello né, al limite, nell'ambito degli enunciati di tutti i discorsi possibili. Non solo, ma il cui valore di senso può non essere concesso, o essere taciuto per sempre, o addirittura non esistere. Si potrebbe anche dire che la Lettera è il luogo della cecità del discorso. Essa marca il punto in cui il rinvio rassicurante e consueto al significato normalmente soggiacente alle unità costitutive degli enunciati, non si effettua. Si tratta - come si può constatare - di una. lettera perversa. E tanto perversa da far sì che, nonostante il suo «far 147

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