Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

Doré legge il << Furioso >> 1 - Indugio a lungo sull'ultimo dei duecentosettanta disegni di Gustave Dorè sull'« Orlando Furioso », quello che chiude il canto XLVI e raffigura l'« alma sdegnosa» di Rodomonte che precipita, trascinato da un diavolo in forma di serpente che lo avvolge nelle sue spire, « alle squallide ripe d'Acheronte». Spogliato della sua armatura) avvolto in un panneggio che si presume candido, il Saraceno, malgrado il gesto sdegnoso del pugno chiuso, ancora, a sfida, appare più un martire, un testimone della propria fede, che un guerriero sconfitto. E, lungi dall'essere tratto verso il basso, sembra ascendere al cielo, in ogni caso, degli eroi. Dorè ha colto, acutamente, il « punto di vista» simpatetico con cui Ariosto ha sempre guardato a questo cavaliere rozzo, ma anche schietto e, a suo modo, generoso: uno dei grandi protagonisti del poema. Di proprio vi ha aggiunto, in basso, lo sfondo in cui « l'alma» di Rodomonte campeggia: Caron dimonio appoggiato al suo remo sulla ripa, il traghetto ricolmo di figure dannate e dolenti. Lo ha ripreso da un'altra sua illustrazione, al canto XLII, ottava 9, la morte di Agramante, ferito da Bradamante e finito da Orlando paladino: « Cadde, e diè nel sabbion l'ultimo crollo / del regnator di Libia il grave trunco. / Corse lo spirto all'acque, onde tirollo / Caron nel legno suo col graffio adunco». Stessa ripa rocciosa, stesso battello carco di ani90

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==