Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

come un adulto». Quanto a lui, parlava di sé come il più debole della famiglia. Avevano un letto a castello. Il fratello soleva « tormentarlo». Gli chiesi che cosa facesse; il ragazzo mi diede un solo esempio: il fratello lo svegliava e lo obbligava a portargli dell'acqua. La domanda che mi ponevo a proposito di questo caso era la seguente: che cosa ne è della controaggressione? Dove scorre la sua energia? Sul comportamento del ragazzo non vi erano lamentele. Pensai che l'energia venisse impiegata nella formazione del sintomo. Nel corso della terapia tentai di portare alla superficie l'aggressività repressa, mediante la conversazione, il gioco, la drammatizzazione. Gli feci anche portare dell'acqua, sperando che questa esperienza penosa potesse giovare alla terapia. Il suo movimento, quando aprì il rubinetto, mi fece comprendere la connessione: era lo stesso movimento che compiva quando spiegava il suo sintomo. E fu a questo punto che pensai a Hermann, e a quanto egli dice sulla connessione tra la torsione e l'aggressività. Capii subito la connessione. Ora il mio problema era di come interpretare il fatto per il ragazzo. Gli feci ripetere il movimento di aprire il rubinetto e gli chiesi: « È così che il mondo si mette a girare? Allora penso che sei anche tu a far sì che il mondo giri. Sei così impotente nei confronti di tuo fratello che non osi neppure arrabbiarti con lui quando ti fa arrabbiare. Non puoi fare la stessa cosa con lui, non puoi « torcergli il collo» come ti piacerebbe. Invece di restituirgli l'offesa che ti ha fatto, fai girare il tuo proprio mondo. Perché non parli apertamente della tua rabbia?». Dopo questa interpretazione il sintomo del ragazzo cessò. Sfortunatamente non ebbi modo di elaborare la sua aggressività, giacché la madre ritenne che il figlio 62

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