Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

Vorrei qui ricordare il caso di una paziente fobica che spinta dal coniuge a superare con un atto di buona volontà la propria difficoltà, fece un pericolosissimo volo giù dalle scale. Come aveva risposto questa paziente? Con la rappresentazione nel reale di ciò che la fobia permette di passare nel simbolico: una questione che per il piccolo Hans per esempio, e non solo per lui, ruota intorno alla nascita di una sorella. Appare qui quella figura su cui intendo più avanti soffermarmi che è quella del bambino. Il bambino come qualcosa che cade e che prima di essere al centro delle fantasie .isteriche è niente di più che l'invenzione di un bambino. Un'altra tendenza in psicoanalisi, se grosso modo possiamo indicare la precedente come tentazione appartenente al filone della psicoanalisi «ortodossa», riguarda quegli psicoanalisti che tendono in un'analisi a privilegiare il discorso del posto dello psicoanalista. Dal posto dello psicoanalista cui una lettura frettolosa e travisante del pensiero di Lacan affida la prerogativa di sostenere un desiderio ciò che viene sostenuto è il desiderio dello psicoanalista. La sua modalità di accondiscendere a che ci sia un bambino, col mettere in evidenza la questione del contagio e della contaminazione, insiste su un'altra contiguità che l'anno scorso abbiamo scoperto al luogo della fobia, la perversione. Suggerendo la fobia all'isterica si previene il faticoso e pauroso ritrovamento di quel luogo nel corso di un'analisi. La risposta che viene data all'angoscia in questo caso spinge a saltare a pié pari quella che chiamammo la barriera molle della fobia perché ci si ritrovi nella perversione. A questo punto siamo in grado di rispondere a un altro quesito. Come mai nel dopo Freud l'apparire di tante fobie si sia accompagnato all'obliterazione della fobia. 29

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