Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

sfondo di una sostanziale ortodossia, come una fucina di divergenze creative: oltre alla Klein e alla sua terapia dei bambini, Hermann e l'istinto filiale, Roheim e l'impiego del gioco per l'analisi delle società primitive, Balint e i suoi gruppi, Rado e la psicoterapia adattativa, Alexander, l'esperienza emotiva correttiva e la medicina psicosomatica. L'ortodossia della psicoanalisi come di ogni movimento scientifico non può che essere quella della verità innanzi tutto e ad ogni costo, come Freud meglio di ogni altro ci ha insegnato. Ma la ricerca della verità comporta appunto una ricerca, cioè l'esplorazione preventiva dello spazio sconosciuto e illimitato da percorrere e quindi l'opportunità di occasionali divergenze che inevitabilmente implicano invenzioni creative ed errori salutari ma anche sconcerto, distruzioni e perdimenti. Negli articoli raccolti nel terzo volume delle sue opere si leggono due riferimenti di Ferenczi all'ortodossia. Nel primo (1928) egli rileva come il rifiuto a discutere « con persone che non abbiano in comune le medesime idee di fondo», e abbiamo appena visto come ciò vada inteso, ha procurato agli psicoanalisti « la qualifica, non sempre benevola, di ortodossi, intendendo questo termine anche nel senso, quanto mai arbitrario, di rifiuto del progresso», laddove « scissioni e ribellioni possono verificarsi anche in senso contrario al progresso ed esistono periodi in cui i giovani sono più reazionari dei vecchi... le due grandi scissioni verificatesi finora (Adler e Jung)... devono essere considerate, dal punto di vista scientifico, come dei passi indietro». Nel secondo (1931) Ferenczi, che come ricorda veniva considerato « l'enfant terrible» della psicoanalisi, si preoccupa di difendere dall'accusa di ortodossia (intesa come insofferenza di ogni critica, « severità biblica» spiegata con « la teoria razziale»), il suo maestro che, proprio con lui si era 122

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==