Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

essere impediti - di avvicinarci al delirio non solo con gli psicofarmaci, come al sogno con i sonniferi che lo impediscono, ma anche con la ragionevolezza, proprio come al sogno. E chiederci se i fallimenti di quanti psichiatri hanno tentato la psicoanalisi non abbiano attinenza all'applicazione di una forma di «ragionevolezza» che non funziona meglio riguardo al delirio di quanto l'elaborazione secondaria non faccia con il sogno. In entrambi i casi un inganno viene perpetrato molto più grave di quanto non si creda. La salute impedisce la sanità e non viene compresa, individuata ed elaborata la funzione terapeutica di qualcosa che in entrambi i casi ci turba e ci spaventa. Proviamo allora a chiederci che cosa succede non del futuro ma del presente della psicoanalisi se invece di voler assimilare le psicosi alle nevrosi con la buona volontà anche qui di renderle più ragionevoli e meno socialmente scandalose, ci arrischiamo a fare l'inverso, ad accettare cioè uno scandalo delle nevrosi. Quello cui mi riferisco questa sera è un caso che può essere «classico». Per la rapidità della soluzione che lo fa collocare nell'ambito dell'isteria, o come esempio di una storia della clinica in un'angolatura lacaniana, vista la preponderanza che vi assume quello che Lacan ha chiamato «significante». Vediamo che cosa altro possiamo trarne. Una donna, sposata da più di dieci anni, madre di due piccole gemelle, che viene dalla campagna emiliana, da qualche anno è afflitta da gravi eruzioni sul ventre e sulle gambe che compaiono ogni volta che il marito vuol fare l'amore alla luce del giorno o con la luce accesa. E queste eruzioni sono così gravi da richiedere il ricovero in ospedale. In analisi, la donna mi racconta e lo racconta per la prima volta in vita sua proprio all'analista, sottolineando di non averne mai parlato nemmeno in confessione, la donna è religiosissima, un 11

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