Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

Il Sucube La prima volta che entrai nel suo ufficio ebbi la netta sensazione che l'uomo fosse assolutamente cosciente del potere che esercitava su di me, su · di loro e sugli altri che non conoscevo ma che naturalmente potevo benis­ simo immaginare. Discorrere di potere mi è sempre parsa cosa assai oziosa. Esso, quando non è tirannide spalleggiata da .po­ tenti eserciti e polizie, è dipendenza psicologica: il carnefice esi:ste in funzione della vittima e viceversa. E come tale il problema è senz'altro meritevole di severe e amorose analisi. Ma qualora si è vittime o carnefici, si _ è sempre personaggi; e come tali non siamo in grado di comprenderci completamente né forse un tantino. Ero dunque totalmente in suo potere, poiché egli incarnava tutto ciò che io desideravo e ciò che io volevo da lui m'era del resto persin troppo chiaro: il suo posto, per essere in fine in mio potere. Dal primo momento cp.e lo vidi a Guallonga Srul Ma­ re, scendere rapidamente dall'auto, non potei impedirmi d'invidiarlo: 1 sereno, rasato di fresco, profumato, ele­ gante, con una sberla di donna accanto da mozzarti il fiato, s'era diretto, cingendole quasi cameratescamente le spalle, verso il Bar Palumbo, nostro ritrovo mondano del quale io non mi nascondevo certamente la profonda 175

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