Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

cato momento di una « scissione»), ancora una volta i tempi, e le modalità, della teoria in psicoanalisi sono gli stessi dell'analisi individuale: è la teoria, e come nella teoria si situa la questione della verità, a suppor­ tare nel discorso dell'analista la posizione stessa dell'a- a $ nalista. Una teoria che mantiene <t - --�-- ), con- S2 S1 tro il sapere salito in posizione dominante nel discor- S2 a so universitario (t-- � --), una posizione bassa, S1 $ esplicitando, direi, le radici che ha in comune con l'in­ vidia (theoria in greco è l'azione di osservare e solo dopo il 1500 prende il significato di speculazione; in­ vidia è , un «vedere · male»} piuttosto che · con la cono­ scenza (ecco un nuovo spunto di lettura del ·«Penisneid» in rapporto al simbolico). E' solo in tale posizione «bas­ sa» infatti che la teoria diviene per l'analista il luogo della fine dell'analisi. La ·«scissione» di Adler e di Jung avviene sulla non accettazione del soggetto diviso da quell'alienazione in cui l'ergo del cogito cartesiano fi. nisce in psicoanalisi di rappresentare una consequenzia­ lità (cogito ergo sum) per divenire un effetto di linguag­ gio, cioè cogito: « ergo sum ». Ciò che Freud ci indica è una verità che non può essere dedotta, ma che si ma­ nifesta lì, nel segno di interpunzione che divide il çogito - dall'essere e che fa sl che l'«ergo» non abbia più una funzione di realtà, ma sia solo un effetto del linguaggio. · Ecco allora come nel discorso dell'analista, e quindi in psicoanalisi, si interrompe la coincidenza di realtà e ve­ rità, il primo «incontro perfetto» che, divenendo im­ possibile, dà origine a quella categoria di «reale» cui abbiamo accennato: il reale div_iene infatti così il luogo 141

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