Pensiero e Volontà - anno II - n. 12 - 1 ottobre 1925

I ' 2oS PENSIERO E VOLONTA' . . mina il marxismo. •Carlo iMarx ha insegna– to che il socialismo fipirà çollo scaturire fa– talmente da un regime capitalista accentrato. 11 fatale accumularsi del capitale e dei mez– zi ai !Produzioni in Q)Ochemani dovrà deter– minare il crollo del regime economico capi- . talista ed il conseguente avvento al poter<=; delle c1assi lavoratrici. Ora si assiste a que– sto fenomeno: mentre nel lavoro industriale le ,previsioni marxiste trovano la conferma , nei fatti, nel lavoro .agricolo trovano la smen·– tita. L'industria si accentra e ìl grande opi– ficio tende ad assorbire la piccola azienda, l 1 agricoltura~ invece, si decentra e la grande proprietà tende ,a spezzettarsi in piccole pro– prietà. Ciò, s'intende, in via di m~ssmia pcrchè eccezioni ve ne sono. I socialisti conoscono questa realtà, pre– vedono le conseguenze che essa II)Orta ·con sè, II)ensano agli ostacoli che essa crea al procedere del loro cammino, ' comprendouo che una parte della dottrina deterministà , crolla di fronte ai fatti... E perciò si limi" tano ad un programma minimo di riforme ~ di cooperazione. Penserà poi lo Stato socia-• lista a sistemare il tutto aHa meno peggio. * * * La· Russia però 'rappresenta un'eccc•zionc a questa 1 regola e ciò, lo si comprende, çli– pende dal fatto che in Russia il ll)roletariato agricolo ra1Ppresenta la grande maggioranza della popolazione. Inoltre in Russi.a le agi– tazioni agrarie sono sempre state all'ordine del giorno, ed i socialisti non potevano igno– rarle. Anche in Russia però, nei primi tem– pi della propaganda socialista, :µon si è mai pensato ad un programma agrario; si !Pensò più tardi, quando i primi bagliori della ri– voluzione commciarono ad illuminare le menti. Non è errore l'affernì.are che, fin da prima della rivoluzione· del! 'Ottobre 1917, l'anirna del contadino russo, presa nella generalità, dimostrava di essere predisposta ad un regi– me comunista. Questo fatto lo si può intuire studiando la letteratura della vasta Nazione ' e soffermandosi sp·ecialmente sulle opere de– gli autori veristi che discrivono la vita dei muf!ic. D'altronde è notorio che l'istinto co– munista si forma facilmente e si diffonde laddove la vita è dura : di fronte al gran mistero del dolore l'uomo comprende che val meglio vivere in armon_ia coi' propri simi1 i ipiuttosto che in un ambiente di hbmo homini lupus, e. agisce di conseguenza. La vit~ dei ' contadini russi è sempre stata aspra e dura ed il dolore ha sempre battuto alle porte delle loro isbe. Inoltre, fino dal 1861 quando lo zar A– lessandro abolì la servitù dei contadini, ven– nero praticati esperimenti cii propriatà col'– lettiva·. La riforma agr.aria iniziatasi in quel- 1 'anno attribuiva ai contadini liberati dalla servitù una superficie globale di II7 milioni di desiatine (la desiatina è una misura di superficie .agraria di poco superiore all' et– taro) di terre coltivabili, sia aPJP~rtenenti già allo Stato, sia da esso riscattate, acquistan– dole dai .proprietari nobili. ,Queste terre, il cui valore doveva essere: rimborsato allo Stato entro un termine di 49 anni, non furono cedute individualmente ai contadini, ma alle colettività comunali, e cjo-è ai Mir, in prOJPO•rzioneal numero delle loro anime, e contro impegno del pagamento integrale e regolare delle annualità dovute allo Stato per tutta la superficie toccata al comune. I Mir dovevano a lor volta ripar– tire le terre avute tra le famiglie apparte– nenti al comune seguendo un criterio di stretta equità, cosicchè ogni capo di fami– glia diveniva semplice detentore di w1 lotto o nadiel, del quale il Mir, ·nel suo insieme, resta va solo ed unico !Proprietario. La rjforma non ebbe fortuna; er~ nat:.1 male, difettosa, ingiusta. Innanzi tutto por– tava con sè ii gravoso .peso del pagamento delle annualità allo Stato, pagamento che ob– bligava i M.ir ad imporre tasse gravose che ,massacravano il contadino; poi c'era il fatto che la proprietà collettiva non aveva .portato con sè il principio, del lavoro in comune, principio che è la base della risoluzione del ptoblema agrario. Il. Mir realizzava il II)rin– <:ipio d~ II)roprietà collettiva, è vero, ma alla fin delle .fini non creava altro che dei sem– plici affittuari che lavoravano indi-vidualmen– te ]e loro terre pagando, attraverso imposte e ~asse, un prezzo d'affitto veramente ecces- • sivo. Bisogna anche tenere presente che la divisione delle terre ]Ì.on venne fatta diretta– mente dagli interessati, ma da speciali Com– missioni governative che seguirono criteri impratici, e questo• fatto determinò che la terra rimase suddivisa in tanti piccoli lotti, che ogni famiglia ne· possedeva parecchi ma– gàri )distanti 1'uno ,dall'altro cinque o sei chilometri, il che obbligava il contadino a sf)endere quasi tutto il suo tempo. e le sue energie solamente per recarsi sul luogo del lavoro.· La conseguenza fu che non, II)Ochi

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