Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

ricca di fatti e troppo povera di caratteri : « una favola raccontata da un idiota, piena di chiasso e di furore, senza significato alcuno. » Regnabo, regno, regnavi : è l'eterna vicenda. E v e r y m a n è l'eterno protagonista. S i chiamino Mac, Janey, Eleanor, W a r d , Charley, Joe, D i c k , Eveline, è sempre, in fondo, lo stesso uomo i n cerca di jobs, girls; è sempre la stessa donna in cerca di jobs, boys. Fame e amore, vita non molto diversa dalla vita nella giungla. L'uomo è un animale da preda che fiuta l'avventura. I l m o n d o i n t e r o g l i era steso d i n a n z i come una carta geografica, e i l c a m i o n era come se v i scendesse i n m e z z o r o m b a n d o , e città stavano i n attesa d i l u i da o g n i parte, dove poteva t r o v a r e i m p i e g o e far d i b e i q u a t t r i n i , e t r o v a r belle ragazze che n o n aspettavano a l t r o che d i c h i a m a r l o amore m i o . Questo è Charley del 42 nd Paratie! L a figura di J i m m y Herf, alla fine di Manhattan Transfer, gli rassomiglia come una goccia d'acqua all'altra : E g l i spende c o n prudenza l ' u l t i m o q u a r t e r per la colazione. G l i restano tre cents per p o r t a r g l i buona o cattiva f o r t u n a . A r r i v a u n gran c a m i o n da t r a – s p o r t o , g i a l l o e r i l u c e n t e . — D i t e u n p o ' , m i permettete d i salire? — d o m a n d a a l l ' u o m o d a i capelli rossi che sta al votante. — A n d a t e m o l t o l o n t a n o ? — N o n saprei... p i u t t o s t o l o n t a n o . Si ha torto a lamentare l'assenza di caratteri ben delineati? « U n carattere », — interloquisce a questo punto un altro narra– tore americano moderno, Ernest Hemingway (Deatb in the Af- ternoon), — « è una caricatura. Se uno scrittore riesce a far vivere la sua gente, potranno non esserci grandi caratteri nel suo libro, ma i l suo libro p u ò rimanere come complesso ». I libri di Dos Pas– sos sembran rispondere a questa definizione; non v i sono carat– teri, o i caratteri che v i sono son deliberate caricature, a guisa d'in– terludio; i personaggi seri son dominati dall'ambiente, son numeri in un gioco regolato dal cieco caso; si muovono, si sbracciano, par– lano cento varietà d'americano; e l'impressione di tanto movimen– to è statica, la resultante di tanti suoni è un sordo brusio; l'iride, messa in moto vorticoso, dà i l grigio. È la folla. Come un non grande film americano recente, Y opera del Dos Passos potrebbe intitolarsi: L ' u r l o della folla. A discender tra questa folla, m i l – le spettacoli incuriosiscono e attirano; ma guardate la folla a un po' di distanza : è massa amorfa. Viceversa di quanto vuole He– mingway, un'opera di questo genere p u ò rimanere come sezione, non come complesso. Codesto epos si frantuma in episodi; come

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