Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

678 U. Bernasconi L a peggior disgrazia p u ò darci modo di esercitare l a nostra migliore v i r t ù . I n c i ò p u ò essere ancora una fortuna. Pure i n tanta superbia del mondo, la cosa p i ù difficile e p i ù rara è avere un alto concetto di sé. L a vera Babele non è tanto dove si parlano lingue diverse, ma dove tutti credono di parlare la stessa lingua, e ciascuno d à alle stesse parole u n significato diverso. Facile, chi scrive di morale, attingere a l sublime tralasciando rumano. , , M a è un sublime che non ha valore per l'uomo. C h i fa i l pessimista sull'uomo si accaparra p i ù facilmente gli animi : per c i ò che i l suo pessimismo lascia suppore chissà a quali altezze egli poggi. I l che comprova almeno che gli uomini amano l'altezza. Per esser la giustizia i l fiore dell'intelligenza, l'uomo davvero giusto non ha bisogno d'altro intendimento. i Compartecipa sempre al castigo che infliggi. A t t i v i t à esterna e a t t i v i t à interiore non vanno del tutto sincrone. Quest'ultima è sempre apparentata alla contemplazione; e l a con– templazione v u o l quiete. N o n vale opporre natura a società. I l primo comandamento della natura all'uomo è vivere socialmente. È già commettere ingiustizia i l sopportarla. Pare talvolta piccolissimi fatti aver causata la rovina di tutta una carriera umana. M a quei fatti, a n z i che cause, non erano che segni momen– tanei di gravi e duraturi squilibrii interni. L a vita essendo sforzo, tutti ammirano la forza. Solo che certi l'ammirano ne' suoi modi p i ù elementari, certi ne' suoi modi p i ù alti.

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