Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

386 F. Crispolti o si trattenga lì senza scopo, si sforza come può a non far rumore, a rispettare il tragico silenzio di quella stanza avid'amente cercata dagli occhi e dalla fantasia, dove è calata la morte. Il sentimento dell'imponenza del fatto e la commozione per la scomparsa dell'uomo s'impadroniscono in un attimo di tutta Roma, quali siano nei varii partiti i giudizi ,sull'opera di colui che quasi dl'improvviso si è spento. E badate, ciò non è poco in una città che da sette anni soltanto ha visto mutare radicalmente tra le sue mura la faccia delle cose. Oggi, dopo tanti anni dalla Breccia di Porta Pia, si possono, intorno alle conseguenze di essa, rinnovare senza difficoltà i ragionamenti giuridici, sui quali il tempo ha poca influenza; ma, è difficile ricostruire sensibilmente lo stato degli animi, poiché l' abitudine, togliendo la meraviglia destata d'al primo •accadere dei grandi mutamenti pubblici, òscura le passioni che li hanno accompagnati. Ma poiché ricordo bene come nei primi tempi dopo il 1870 la numerosa parte d'ei romani rimasta fedele all'antico ordine d.:icose non solo serbava opinioni diverse dai fautori dell'ordine nuovo, ma mostrava verso quest'ultimo un tal senso di scandalo, che per diiscordia politico-religiosa amici antichi e perfino parenti stretti non si guardarono più in facçia, nessuna manifestazione di lutto mi valse ,quella che vidi la sera stessa di quel 9 gennaio nel Circolo di San Pietro. Chi poteva proibire a quei moltissimi giovani papa– lini di avvicinarsi come il solito ai bigliardi, alle carte, agli scacchi? E1Ppure nessuno di essi si lasciò· tentare dalle occupazioni serali solite. Tutti si raggrupparono intorno agli uomini che potevano ricordare più anni di storia e giudicarli meglio. Tanta la riverenza verso l'ora solenne che sull'Italia e sul mondo era scoccata. Intanto al Quirinale c'era gran confusione. Ricordo che un parroco d'ella Sabina fu per un bel pezzo oggetto di nostre ami– chevoli canzonature, perché raccontava, come se nulla fosse, d'es– sere stato nella camera del Re morto. Si seppe poi che in quelle prime ore ciò era stato possibilissimo e che non era il solo penetrato fin là dentro, per l'abbandono d'ogni sorveglianza. Quali fossero state le ultime ore del Re, lo seppi alcuni anni dopo dal senatore Lorenzo Bruno della facoltà medica di Torino, persona di grand'e :fiducia del sovrano, accorsa a Roma per un consulto. Egli, nelle prime ore dell'ultima giornata, fattosi lrusciar solo al capezzale, ebbe il coraggio di dire : - Maestà, Ella ha sfidato tante volte la morte sui campi dli battaglia; quindi non ha difficoltà ch'io le parli francamente. Speriamo che la malattia si risolva bene ; ma Ella ricorderà che tutti i suoi antenati quando si son sentiti aggravati.... - L'infermo parve turbarsi 'un attimo ma non lo lasciò finire ; lo guardò fisso e gli rispose : - Ho capito ; mi faccia venire monsignor Anzino. . BibliotecaGino Bianco •

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