Pègaso - anno IV - n. 10 - ottobre 1932

484 G. Ferrando luppo dell'antica ballata: un breve poemetto narrativo che costituisce una specie di. epica in miniaturu.. Si servì (].el metro ottosillabico che si prestava tanto per la narrazione rapida, quanto per la descJ·izione particolareggiata, e lo variò abilmente così da evitare la monotonia e da dargli nuovo vigore, senza togliergli quella che è la sua dote prin– cipale, la scorrevolezza. Per la forma· adottò quella della ballata, con qualche lieve modificazione per renderla più adatta ad una narrazione più lunga e sostenuta. L'ispirazione la trasse dalle molte leggende che la fantasia popolare aveva ricamato intorno ai principali eventi sto– rici, e in spocial modo intorno alle sanguinose guerre comLattute con– tro gl' Inglesi. L'esperimento riusci: Il Canto deU'ultimo menestrello, e gli altri poemetti che seguirono a breve distanza, Marrnion, La Dama del Lago, Rolceby, Il Signore delle Isole, per ricordare solo i più fa– mosi, ebbero un'accoglienza entusiasti~a. Scott divenne di colpo il più popolare -e il più ammirato poeta del suo tempo, e tenne incontrastato il dominio per dieci anni, fino al sorgere dell'astro byroniano. Allora, nel 1814, si dedicò al romanzo storico, che gli offriva un campo assai più vasto .per sviluppare quelle straordinarie qualità di narratore che aveva in parte rivelate nei poemetti, i quali in un certo senso, possono considerarsi come una preparazione ai suoi romanzi. L'opera poetica dello Scott è stata piuttosto severament(' giudi-. cata da molti critici recenti. Del resto lo Scott stesso confessava di aver scritto i suoi poemetti per la gioia e la soddisfazione che provava nel comporli, non con l'idea di far cosa grande, e pensando a Shakespeare, che era per lui l'artista supremo, dichiarava sinceramente che non si sentiva degno nemmeno di « legargli gli stivali». Eppure egli è un poeta migliore di quanto s'~mmaginasse; ha inventato una nuova forma di poesia, che oggi c'interessa meno, anche perché sfruttata da tanti scrittori mediocri, nella quale egli rivela la sua abilità nel raccontare, nel presentare le azioni umane, specie quelle eroiche, con una natura– lezza che affascina e diletta. Come poeta narrativo, solo Obaucer gli è superiore in Inghilterra. Scott fu un poeta popolare; « l'ultimo mene– strello», che cantava col solo intento di conquistarsi il favore del pubblico, dandogli quello che più desiderava; e che spezzò la sua lira, quando si accorse che un altro più_grande di lui, il Byron, era divenuto l' idolo delle folle. Sarebbe un errore credere che egli non fu un artista, o accettare il giudizio del Wordsworth che sentenzia di lui: « come poeta non può sopravvivere, perché non ha mai scritto nulla che s' indirizzi alla parte immortale dell'uomo » ; giudizio assurdo, che se accettato, suonerebbe condanna di molti grandi poeti. Lo Scott ebbe indubbiamente un notevole senso d'art~, che egli riusci ad espri– mere non tanto nei poemetti, quanto nelle liriche che si trovano sparse nei poemi e nei romanzi. In questi brevi componimenti lirici, quali per esempio Coronaoh nella Dama del Lago e la ballata di Elspeth nel- 1' Antiquario, Scott si rivela vero poeta; qui nessuna retorica, nessuna nota st?nata : egli raggiunse il suo effetto con una precisione e con una delicatezza sqµisita. La vera grandezza dello Scott però, e qui tutti .sono d 'accor.do, sta nel romanzo. In questo campo egli domina tutti i conte mporanei, ed BibliotecaGino Bianco .

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