Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

Nel cinquantenario d'Antonio Fontanesi 333 bero al di sopra del senso comune, e la vita allora non avrebbe né ideale, né poesia>>. Quando, poco dopo la sua assunzione alla cattedra di paesaggio a Torino, era stato chiamato come un colpevole a render conto al Consiglio aiccademico delF Albertina a che mai mirasse codesto suo insegnamento bislacco, aveva avuto l'imprudente candore di •dichia– rare che ai suoi allievi voleva far intendere la poesia del vero ; ed era stato investito, - riferisce sempre il Calderini, - con scherno, con astio, con irritazione: « Prima della poesia, che non si inse– gna, vi era, se mai, la grammatica! Badasse a fondare, prima cli alzare l'edificio». Quei grandi quadri nei quali persino l'identità dei titoli ripetuti per circa trent'anni (Tramonto, Sera, Sorgente, Armento, Solitudine) indicava, in un tempo che i titoli significa– vano anc6ra 1,/111, qiiadro, cioè un grande o piccolo dramma spirituale e comunque una commozione, fosse pure solo letteraria, lo scavo incessante della sensazione, quei quadri bisognava dunque soffrirli in ·solitudine per trarne dei capolavori che trasfigurassero in appa– rizione lirica la realtà di natura. Nascevano cosi, nella solitudine gelosa dello studio, fra con– trasti talvolta dolorosissimi, dubbi, pentimenti che sono riassunti nel brano di una lettera al Ravier (1865), importante sebbene un poco contrasti con l' altro precedentemente riferito da una let– tera al Brachard, perché spiega il meccanismo dell'ispirazione fon– tanesiana e la sua elaborazione e traduzione dal soggetto al bozzetto, dal bozzetto al quadro: « Perché mai gli artisti sono sovente tanto disuguali nella loro produzione? Una delle ragioni, credo, è che so– vente sono costretti a produrre senza averne l'ispirazione nel cuore. L-0 riconosco ad'esso: la pittura dovrebbe farsi ispirata dalla na– tura, ma siccome l'ispirazione si dilegua sovente con l'effetto, di– venta ,quasi chimerico voler fare quadri grandi, poiché le maggiori dimensioni· possibili dal vero non saranno mai che un'inezia in un'Esposizione, dove, finché non sia grande il vostro nome, dovrete ·ammazzarvi per mandare tele grandi, penosamente elaborate nello studiio in condizioni sfavorevolissime alle ispirazioni della natura». Giustissimo (e due volte giusto perché era Fontanesi che parlava di sé) dal punto di vista del concetto romantico dell'ispirazione, con– fermato dalla sovrabbondanza sentimentale d'alcune sue pitture; meno esatto dal punto di vista della critica dell'opera. Il vero Fon– tanesi andrebbe dunque cercato nei bozzetti, rapidamente, febbril– mente dipinti in ispeciale stato di grazia, e « meno vero» sarebbe il Fontanesi dei grandi quadri, di quelle che oggi appaiono le decisive tappe d'el suo cammino artistico? Evidentemente no. A parte il fatto che l'artista è presente sempre in ciascuna delle sue opere come l'uomo lo è in ogni atto della sua vita, e che è assurdo preten– dere di dividerlo, classificarlo, graduarlo, Fontanesi stesso, dichia- BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy