Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932

' ' 430 G. Piovene Carla lo rassicurò, e uscì traendolo per mano. Egli si persuase, pensando che l'ingannarlo sarebbe stato senza scopo. Aveva per la verità un amor fisico, una fiducia incontinente : sapeva accettare tutto, purché non entrasse nella sua vita la stonatura d'una bugia. Mancava al pranzo più di mezz'ora,. Andarono insieme i!ove il valico guarda nella vallata di Bolzano. Il fondo valle, coperto di boschi, era già immerso in quella prima ombra, .che vale solo a far più distinti gli oggetti e ora faceva spiccare un piccolo lago az– zurro e abbandonato. Alzando gli occhi ai monti di fronte, si aveva il senso quasi pauroso di librarsi nel vuoto, e si riposava sulle alte cime, sorgenti dal colore eguale, i .crinali disposti allo stésso livello e illuminati di rosa. Esse cingevaino a cerchio la conca, e sembrava di vivere alti e chiusi. Alcune cime intravvedute .d'una catena più lontana erano avvolte di un'aria già quasi di luna. Anc6ra una volta Giuseppe amò la sua vita e accolta in essa la donna che gli stava accanto la pensò. buona .e veritiera. Pranzarono, guardando attraverso i vetri le montagne scialbare. Usci per un a,ttimo solo, quasi adJ accogliere in sé il paesaggio e conservarlo : e non riuscendogli per impazienza, accese una siga– retta e si costrinse a finirla all'aperto, deciso a non perdere l'effetto di tanta bellezza. Rientrò. Dov'era Carla? Perché così piccola, così difficile a ritrovare con lo sguardq_? Più tardi chiese un mazzo di fiori per lei: e non tenendone l'albergo, il cameriere propose di prenderne uno per vàso dai tavoli in sala da pranzo. Giuseppe lo vide girare nellar sala deserta, riunendo garofani alpestri e rododendri. Carla ebbe il mazzo e sa– lirono assieme. A metà scala, nello scendere, avevano scorto un salotto, avanzo di easa privata, a.mmobigliato d'antichi mobili te– deschi, le pareti coperte d'immagini sacre e di fantocci di legno : v 1 entrarono: ma Carla arrossì e stringendosi a lui: - Andiamo su, - disse. Quella sensualità riempì Giuseppe dJi tenerezza. La breve incertezza di prima l'aveva condotto istinti– vamente ad assicurarsi del proprio desiderio, e vi riposava. da allora come su un'ineffabile garanzia d'intesa, per mezzo della quale po– .teva mettere il resto in oml)ra, <( Sì, cara (pensava salendo), lo so che in fondo non c'è che que– sto tra noi : ma noi non lo sapremo, e nasconderemo a noi stessi la piccola nostra vergogna, e solo nell'intimo custodiremo insieme j.l segreto>>. Questa complicità nel dare alti sensi all'unione era sacrà e solenne, e Giuseppe per essa amava la suà compagna. La camera matrimoniale era di legno chiaro : uri letticciolo per bambini, cinto di grate, stava nell'angolo abbandonato e li fece sorridere insieme. Il rumore del vento ·nei bosclÌi, giungendo per la finestra, simulava lo scorrere di un torrente, Fosse la reclusione o la scomparsa della felicità di natura che aveva sentito prima e' di BibliotecaGino Bianco

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