Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932

Casella operista 487 tute». Alfredo Casella ha forse del canto un concetto diverso poiché ha . scritto che il teatro lirico cominciò a decadere, da che « .si voÌle costrin– gere la musica ad 'esprimere' l'elemento psicologico; mentre invece il teatro lirico non può vivere che del sentimento éreato dalla musica stessa». Egli ha insomma della musica un concetto piuttosto « espan– sivo» che « espressiv~ ll; ma poiché l'efficada espansiva della musica è in ragione diretta della, sua forza espressiva, non si tratta in fondo che di una distinzione di parole: il fatto artistico fondamentale è evidente– mente lo ,stesso. Ora, sotto questo aspetto, il ca nto ha in molte parti dell'opera di Casella un'efficacia piuttosto limitata. R.a.ri sono i momenti nei quali al canto ,è ùato un esteso sviluppo melod ico; leg giamo è vero, sullo ,spartito A.ria di questo o quel personaggio, ma_le cosidd;tte Arie non sono generalmente lunghe più di tre righe, e .del resto Casella stesso ha dichiarato di non aver voluto fare dei pezzi chiusi; quindi quelle indicazioni ·sono li soltanto_ per un vezzo programmatico e polemico, di cui costituiscono forse la sola traccia rimasta in quest'opera. Più spesso Ca,sella .si attiene invece al sistema, caro ai drammaturghi più che ai melodrammisti, del « recitar cantando ll ; e per questo i precedenti ai . quali si ·sarebbe ispirato ·sono, per sua dichiarazione, l'Otello e il Fal– staff .. Se all'esempio del FalstaJf si sono appellati tutti coloro che in, questi ultimi anni hanno tentato di risusf'.itare la commedia musicale (e in fondo uno solo vi è riuscito, Giacomo Puccini cot Gianni,, Scl/,icchi), più raro ,è udire di un musicista che abbia inteso ricollegarsi all'Otello; ma in realtà nell'opera caselliana io non riesco a vedere traccia né del– l'uno n é dell'a ltro. Nelle parti comiche, più che allo spirito sprizzante scintille di.un Rossini (altro« precedente ll citato), più che all'umorismo pensoso e ven ato di malinconia del Falstafj, più che alla grazia sorri– dente e precisa dì un Mozart, la musica di Casella mi fa pensare alla briosità amabile e disinvolta, ma in fondo abbastanza generica e con– venzional~, dell'opera buffa napoletana settecenteS<:a. Negli episodi dram– matici la declamazione non mi sembra avere stretta parentela con quella di Verdi, sempre così fervida e pulsante, ardente e ferrea, che par fog-· giata da magli inca;ndescenti nelle fucine del Trovatore ; mi rammenta piuttosto, volendo fare un paragone alla lontana, quella dell'opera, neo– classica italiana, di Cherubini e di Spontini, che ha talvolta la serena compostezza di un bassorilievo, tal'altra una certa foga oratoria; più -concitata che commossa. L'espressione sua più personale Casella la trova · quando tratta il canto a guisa di puro arabesco ,sonoro, com'è in quasi • tutta la parte di Miranda, che ha una nitida linea, una soave mestizia e quasi un'incorporea lontananza; non priva di fascino (ed era al Teatro Reale la limpida voce di Laura Pasini, puro ,filo d'argento). Più spesso è presente, in senso lato, cc l'altissimo insegnamento ll di Mozart, e particolarmente del Flauto magico, sia per la giusta misura con, cui sono commisti musicalmente l'elemento comico, il drammatico é il fanta."ltico, quanto per l'equilibrio -fonico, quasi sempre perfetto, fra la; linea vocale e la trama strumentale, spesso di una preziosa tra– sparenza. Altri e< riferimenti ll sarebbero, volendo, possibili, e pur numerosi, nei riguardi· della materia tematica e dell'atmosfera poetico-musicale di certe scene: dal teatro settecentesco, attraverso il melodramma dell'ot- ibhotecaGino Bianc9

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