Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932

474. U. Ojettì del buo·n Pellizza da Volpedo; e a leggere le lettere tJ:a il Pellizza e il Morbelli sul Divisionismo in pittura ella ritroverebbe la stes~a cieca sicurezza dei più chiusi difensori oggi del razionalismo in architettura, e la stessa illusione che col solo cervello si faccia arte. Si aggiunga che oggi, dopo la guerra e le rivoluzioni, il senso della_continuità è per~uto. più d'allora e ogni individuo pensa di cominciar,e 11mond_o, anc~e visto che la filoso.fra oggi gl'insegna che il mondo muta con lm e fimsce .con lui ed è solo un riflesso di lui. Ma <'.hequesta, visione della vita e questa negazione della storia sia fascista, lascio giudicare a lei che vive nel pieno della politica e tiene meritamente un posto di comando. Quello clie sopra dicevo della pittura nostra si può dire della nostra architettura, plastica anch'essa e modellata in pieno volume, e anch'essa architettura di modelli, destinata a rivelare con composizioni armoniose caratteri definiti quanto i corpi e i volti umani: dalla chiesa alla reg– gi.a, da,l teatro al palazzo del popolo o d'una corporazione. V'è sempre stato, accanto a questa, architettura che da noi ha mutato, direi, accon– ciatura nei secolì ma non struttura, un'altra architettura che chiamiamo così per brevità, ma che più rettamente dovremmo chiamare soltanto costruzione,. opera più d'ingegneri e· di ca,pimastri che d'architetti e d'artisti: eùifici nudi collettivi e meooanici, quelli ch'ella gius.tamente definisce utilitari, ~fficine, cas(lrme, 1;1:ffici, casamenti d'affitto, case e quartieri popolari, stadi, aeroporti, fattorie, silos, centrali elettriche, carceri, ospedali, sanatorii, macelli, mercati ; ed:iJficipratici come mac– chine e anche, ove capiti, imponenti ,come talune macchine sono, e come le macchine relativi e provvisori, destinati cioè a durare ·finché non s'in– venti una macchina che sia più conveniente allo scgpo. La nuda costru- · zione che col minimo costo risponde a un dato scopo in modo. visibile, esatto e sicuro, e che perciò si può chiamare razionale, è da lodare e da accogliere e da moltiplica.re ; specie alla periferia delle nostre città stori– che. E la loéla vo fin da àu e anni fa toto corde (Corrierre della sera del 16 settembre 1930). Ma ,si può dire ché queste fabbriche dieno tutta l'ar– chitettura moderna ? Chi direbbe che le ease d'affitto scoperte a Ostia o l'ospedale di Venezia ·sul rio dell'Ospedale o i Granili di Napoli sono i caratteri,stici esempi dell'architettura di quelle tre epoche? E perché sif– fatti edifici ·dovrebbero div,entare caratteristici oggi e comandare a tutti gli altri? .Soltanto perché rispondono alla nostra media civiltà e ·al gusto per le macchine e s'adattano a un tempo in cui i bisogni collettivi go– vernano politica ed economia ? (Dopo che ho riaffermata questa gera-rchia delle fabbriche •segnata in ogni trattato d'archit ettura e d'archeologia, ma di rado visibile ud - fatto perché di questi edifi.ci meccanici ogni città ne ha avuti migliaia contro pochi monume nti, ma il tempo li ha quasi tutti disgregati e can– cellati come disgregherà e cancellerà quelli d'oggi, da più parti, ;:i,nche· sull' A.u!J1.istea del 15·marzo, mi si è obiettato che « due stili non hanno mai coesistito da che mon,do è mondo». Ma non si tratta davvero di due stili, sibbene di due specie di fabbrich€", l'una senza stile, pura– mente e nudamente pratica, e l'altra, razionale anch'essa nel vecchio senso della parola perché un'architettura irrazionale ,è un nonsenso ma anche monumentale e rappresentativa. Certo queste due so,rta di fab~ BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy