Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

654 C. Alvaro - Il 1nare ne2"Jianni. - Che c'è di male? - Io avevo detto questa frase come un- diavolo; e così avevo rotto quel rapporto che ci legava tutti e tre, incantevole e immateriale, simpatia di piante nella luce. Benvenuto mi venne a cercare, dopo alcuni giorni che ci salu– tavamo appena. Io stavo sdraiato sul· 1etto e pensavo che il giorno avanti avevo veduto Hélène che s'imbarcava pér partire, e il suo pescatore dietro a lei le portava la valigia come un servo. Ecco come finiva tutto. Ora sentivo mutare la voce delle cose in quel pome– riggio, la luce che diveniva più moderata come se si fosse chiuso nel cielo un immenso crista.Uo sopra la terra, il mare era più irritato e sveglio, le piante in tumulto : il primo annunzio· dell'autunno. Certo il vento era arrivato. Senza guardare Benvenuto, avevo ca– pito. Era un sentimento ironico e chiuso, come se egli fosse caduto in una trappola. Egli mi stette accanto senza parlare. iMa guar– dandolo di'sottecchi vedevo com'era sconvolto, e le sue labbra arse e pallide. Si mise a parlare di cose vaghe e indifferenti, ma con un tono e con espressioni volgari. Certo egli era sbigottito e spaventato. A un certo punto gli dissi: - È così, che cosa ci vuoi fare? Non siamo mica angeli. Anche a me accadde, accadrà a tutti. Come te lo eri figurato? - Egli non avrebbe mai creduto, ma.i.... -Ridevo:. - Lo so, lo so. Nessuno può figurarsi che sia così, fino a quando non ci si trova. - Mi chiese di rimanere in casa mia, per tutta la sera. Non voleva uscire, la luce gli dava la nausea. S'era stabilita fra noi una solidarietà animale. Notavo il progresso del suo male da un ,sentimento di rivolta che non riusciva a nascondere. Gli dissi : - Eppure sei innamorato. Si sdraiò sul mio letto, e per sostenerlo gli misi dietro le spalle un cuscino della poltrona. Si levò di scatto: - Che è quest'odore? - Ah, - dissi io, - l'altre sere, quando venivate qui, Alda posava la testa su questo cuscino. - Perché porta un odore così forte? - Vi posò la testa, e diceva : - È proprio un odore insopportabile. - Ma io capivo che egli l'aspirava volentieri. A un tratto buttò il cuscino in terra e barcollando si avviò fuori. Sul muricciolo della terrazza sporgeva il viso al fresco della sera. Gli dovetti bagnare la fronte con un pezzo di ghiaccio e gli andavo dicendo : - Sta' tran– quillo, passerà, ti ci abituerai. Passammo quasi tutta la notte sulla terrazza, guardavamo lo stellato sopra di noi e_la pioggia fantastica delle stelle cadenti. In una specie di dormiveglia che ci prese assai tardi, stavamo al ri– paro della grondaia perché avevamo paura che qualche stella, ci cadesse addosso. CORRADO ALVARO. BibliotecaGino Bianco

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