Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

B. CRÉMIEUX, lnq1dhude et reconstruction 767 poco di bello. L'indagine storica, come attivitù, volta a cogliere il nuovo e l'effettivo, quando sarà più matura (e in noi italiani la lontananza di spazio sopperisce in parte a quella di tempo) getterà molta ombra su fatti che sembrano ora di poema degnissimi e d'istoria: e tratterà quei fatti come in privato si trattano oerti disordini adolescenti, posti in oblio non appena è compiuta l'op,era dell'educatore. Non che il racconto ùi alcune tra le inquietudini, di cui parla il Crémieux,,mi sembri per nra inutile1: solo mi piacerebbe vederle qualche volta narrate con tono di canzonetta a ritornello, e :finite spesso con un eccetera ec,ceterone, come voleva .San Bernardino. · In quanto alla ricostruzione, confesso {;he dove riguarda la ricon– quista dello spirito europeo mi sembra, me:no interess•ante e concreta. La contrarietà, che ormai si diffonde, verso l'i::lealismo italiano, per certi concetti di spirito e di realtà universale profondamente gratuiti: di– sta,cco che, dell'idealismo, ci fa accettare sole le indagini particolari e l'amore per esse: non ci consenta di credere a questi fondali dipinti con i colori dello .Spirito Europeo, fede rìspetfabile ma scarsamente dimo– strata. Cosi per il « totalismo >> di cui il Crémieux si fa assertore : altro fondale. Ogni attività umana ha per natura qualcosa di chiuso e d'ab- , norme: equilibr.arla nella vita con altre è una regola amministrativa. e, direi, fisica, di cui chi ha buon senso riconosce il valore: ma come metodo dialettico è un po' sfuggente. Forse però '1e pagine: sul « tota– lismo >>devono essere prese come un preludio al grande uso che di tali espressioni ·si farà nel prossimo centenario goethiano. Accettata in parte la seconda parte del libro, e leggermente modifi– cata la prospettiva della prima, si possono ora raccogliere e collega1~e gli accenni alla ricostruzione che ci paiono giusti, non senza le molte riserve che bisogna premettere alle vedute complessive. Il primo, è finora, il più considerevole nelle arti, è quello di sollevare a forme ,a.rti– stiche la cosi detta inquietudine, purgandola d'ogni suo aspetto occasio– nale e, in fondo, illusorio, e riportandola nel piano di quei sentimenti di corrosione e di squilibrio nell'intimo dell'esistenza che tutti gli spi– riti profondi provano, almeno agli inizii, anche gli spiriti più costruttori e credenti. Un -altro, che aggiungo io, è un più netto argine tra quel che sentiamo e quel che pensiamo: per cui si rifiuta di far naufragare il pensiero tra gli sconforti ingiustificati, che spesso riempiono la vita sen– timentale, e perciò sono legittimi in arte: e si fiancheggiano con un'opera criticll/ che vigilandoli ne limita l'importanza. La dissoluzione dei « ca– ratteri >> in arte ha poi dato or:igine ad altra definizione del carattere : che non è dato nativo, ma l'attività per cui accettiamo come, nostri al– cuni aspetti della nostra vita, e li colleghiamo, rifiutandone altri: e quindi è un concetto e una morale. Perciò i «caratteri>> dell'arte, d'oggi sono per lo più tipi, colorazioni vaghe di concetti, pronte a dare il passo al canto lirico spiegato. . E vero che, praticamente, il pensiero e l'.arte del dopo-guerra hanno dovuto cominciare ex-novo. Ma frattanto s'erano come dissolti tutti i concetti che supponevano realtà persistenti: lo Spirito, la stessa ,Storia in quanto mito sacerdotale dell'idealismo: le varie tradizioni: l'Azione, lo slancio vitale, la memoria, la natura, l'istinto, l'amore e l'egua-

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