Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

r Ricordo di Giovanni Rosadi 729 con eclettismo un po' sconcertante per chi lo visitasse o nello studio di via Ca,vour o nella casa di via Bonifa,zio Lupi. Certo csi è eh~ dell'arte modernissima diffidava. E se nel 192(\ come presidente della Società delle Belle Arti, s'indusse ad accogliere in una mostra le opere di due manipoli d'avanguardia, quasi se ne scusò nel discorso inaugurale di– cendo : « ,Secol si rinnova; e nessuno potrebbe opporre timidi pregiudizi o tiranniche abitudini a qualunque segno di rinnovamento, rivolto da ogni più intenso e ingegnoso operàire contro la volgarità trionfante nell'inerzia o nella èorsà alla distruzione. Le opere di avanguardia rac– chiudono in sé questa ragione di preferenza, clie il confronto col tipo di bellezza déll'avvenin· non è possibile, laddove quello col tipo di bel- lezza del passato è troppo facile e compromettente JJ. - Ma quattro anni dopo, a Lucca, nel rammentato discorso, si sfo– gava: « S'è visto I che l'annunziato nuovo non !lr'a arte, ma perfido artifi.zio, nullaggine di anima scempia, nonsenso impagliato d'arroganza e riv,estit-o d'impostura,JJ. Gli è che nell'intimo le sue preferenze dovevano anda.re da Antonio Ciseri a Francesco Vinea. Ma ammirava sinc!lramente anche i « mac- - chiaiuoli JJe l.9ro seguaci, da,l Fattori al Ciani. Forse però si sentirn più vicino al Senno ed al Cannicci, per-quello che di romantico è ancora in alcuni dei loro paesaggi. Anzi, parlando a Sangimignano dell'arte agre– ste del Cannicci, trovò commossi accenti di sincerità auche in un felice raffronto tra la pittura di lui e la poesia georgica di Virgilio. Perché in Giovanni Rosadi, a dispetto delle apparenze, v'era forse un po' di romanticismo_ su di un solido fondo di semplicità tutta paesana. NELLO TARCHIANI. ·bliotecaGino Bianco

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