Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931

306 M. Labrooa che è il Progresso. Ragion per cui si direbbe che a seppellirlo que– sto povero melodramma ci si mettono un po' tutti: i musicisti ed i èommissa-ri dei concorsi, il pubblico ed i dirigenti dei teatri, senza contare il mondo degli esecutori quali i cantanti, i direttori d'or– chestra, i maestri sostituti, che a parlar loro di opere nuove è peg– gio che nominare il diavolo. Il giovane compositore di questo passo si avvia a considerare il teatro lirico non già come un campo aperto. alle affermazioni tipiche del nostro tempo, ma come un museo de– stinato alle opere dei tempi passati, o a quelle che pur essendo nate oggi nulla vogliono avere a che fare con lo spirito ,e le ·esigenze della nostra epoca. Questo è lo stato di fatto in Italia, in Francia (con qualche lieve mitigazione data la curiosità, del pubblico parigino) e perfino in Germania dove tuttavia la passione per il nuovo si fa sentire, e qualche volta benevolmente, anche nel campo del teatro lirico. La situazione non è allegra : eppure a guardare le cose con se– rietà e senza lasciarsi prendere dall'umore nero si può constatare che il melodramma si trova oggi né più né meno che nelle stesse _condizioni della musica sinfonica, e forse della produzione dram– matica. Di fronte alle altre arti il melodramma soffre certamente di una maggiore soggezione del pubhlico, e per conseguenza, di tutta una organizzazione che tende a soffocare anziché a favorire le iniziative che abbiano carattere di novità. Ma questo è un lato troppo materiale del problema, chiaro essendo che la produzione dell'artista d'ingegno e di carattere sarà manifestazione diretta e sincera della sua sensibilità e non già frutto di un mercanteggia– mento con il gusto e le tendenze del pubblico. ,Se esiste una ma– lattia del melodramma, questa malattia bisogna andarla a cercare altrove, ·cioè a dire nella costituzione dell'opera; ed a}lora ci accor– geremo che il melodramma soffre anc6ra oggi principalmente di una malattia : della indigestione wagneriana. Be ci prenderemo la deliziosa briga di passare in rivista la produzione di questi ultimi. trenta anni ci accorgeremo che essa per la quasi totalita è sotto il dominio degli Dei del Walhalla e dei ,Nibelunghi der Reno. Avete un bell'invocare le tradizioni nazionali e se siete in Italia la vena canora, se siete in Francia l'eleganza dell'espressione,. se siete in Germania la monumentalità della costruzione : la massima , parte delle opere proclamate so~ennemente campioni tipfoi delle caratteristiche nazionali, cerca cerca, altro non sono che la discen - denza dìretta della trovata wagneriana. E teniamo a dire che que-" ·sto wagnerismo è non tanto nella forma delle opere in questione quanto nello spirito da cui esse sono animate: non è nell'aspetto secondarissimo del leitmotjv che noi vedremo l'impronta di Wagne:r BibliotecaGino Bianco

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