Pègaso - anno III - n. 9 - settembre 1931

352 G. Titta Rosa prove letterarie quasi come h0rne subse.civae in margine alla sua p 7 o– fessione ma lo stesso romanzo Giovarvnino, che gli ha dato nel giro d'un pdio d'anni la prima e l~rga rinomanza fu, se non scritto, in gran parte idea:to durante le sue occupazioni d'ingegnere civi~e,. fra un progetto di cantiere e una consulenza tecnica. D.µ~ante le qu~h, 11;101t:e, eg'li aveva dovuto gradatamente impossessarsi d1 quel patr'l.momo lm– guistico che non certo avevano potuto fornirgli gli studi d'ingegneria, sebbene la sua curiosità lo avesse portato alle più svariate letture, com– presa quella, durata per anni, del vocabolario. È evidente che, dicendo queste cose, io non penso di andar cercando carte o-iustificative al Viscardini scrittore, e tanto meno di far credere che f:Ssero coteste letture, compresa quella del Tommaseo-Bellini, a farlo narratore, romanziere. Ma ecco che, a suo modo, partito da una formazione tecnica e scientifica (il Viiscardini fu tra i primissimi, e forse il primo in Italia, a occuparsi delle scoperte di Einstein), anche lui ubbidiva alla voochia legge dello SJCrittore italiano. Il quale può, anzi a un certo momento ha il dovere anche di dimenticarsi di essere quell'erede che è d'un ricco patrimonio, ma direi che può farlo soltanto quando l'eredità gli è stata accordata. Fatto sta che basta aprire uno dei primi volumetti di versi del Vi– scardini per accorger,si di prim'acchito del lungo cammino compiuto per giungere alla lingua, allo stile, al sapore d'una pagina di Giovwnm,ino. Dico di più. Lo stesso Giovanr,,ino, ha avuto pareochie .stesure; e la seconda edizione reca ancora rispetto alla prima mutamenti, e alcune pagine rifatte, e abbreviazioni e tagli notevoli. Lavoro di parecchi anni, in cui è evidente una cresciuta esperienza e non solo verbale. E certo il buon nome di narratore, di romanziere dal respiro largo, agiato ma non greve, il Viscardini lo deve esclusivaJllente a questo ro– manzo. Sulla storia privata d'un giovine che, pèr destino di nascita e quasi fatalità di vicende, può rias,sumere in sé tanta varietà e ricchezza d'incontri e avventure, e intrecci di parentele e di eventi, il Viscardini ha ordita una vastissima tela narrativa: vasta, nel tempo e nello spazio, ché _dall'ultimo decennio del secolo scorso si giunge in piena guerra europea, e dal fondo d'un borgo lombardo ,sulla sponda del Ti-cino si pe~orre, dietro l'eroe del romanzo, più di mezza Europa, da Milano a Odessa, da Roma alla Norvegia. Arriv-erei con qualche ritardo se mi mettessi ora a raccontar sia pure per sommi capi la trama di Giov(](nl/1,ino, che non è ecces:sivo ottimismo presumere già nota, sebbene sulla nuova curiosità del pubblico per il cosiddetto i< genere romanzo» in Italia, sia da fare qualche riserva. Piut– tos-to dirò quella che a me sembra l'intima, sosta,nziale novità del libro del Viscardini: novità, s'intende, di contenuto, di materia, ch'•è inutile dire come faccia tutt'uno coUa sua forma. Si s1rnl ·dire, per quanto in Italia si verifichi meno che altrove, - e alludo specialmente alla vera patria del romanzo, l'Inghilterra, - che il romanzo è più d'ogni altra forma letteraria specchio del costume e degli ideali d'un paese. Ho detto che tra noi ciò risulta meno ~vidente e continuo; e questa discontinuità costituisce in sostanza la ragione vera per la quale alla tradizione del BibliotecaGino Bianco

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