Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

98 S. Benco era pur sempre l'artista in adorazione del suo strumento. L'Onofri, ~opo essersi imbevuto di Mallarmé (e ne port(lrà le tracce per tutta la vita), amplia il suo volo mistico mette la forza della parola in relazione col rinnovamento dell'uomo. Quello che sarà l'uoino, come vigore dello spirito, come assimila,zione dell'Universo, ~uello sarà la p_ar_ola. « L'Onofri - scrive uno dei suoi esegeti, Raffaele Prati, m un breve saggio molto limpido, - intendeva ritro_vare qu_ellaP~ro~a-~pirito,, del~ quale nei primi versetti clell'Evangelo cli San G10vanm, si dice che ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei, e senza di lei nessuna cosa è stata fatta')). È assunto conveniamone, ben altro che da esteta e da dilettante. Esso involge iÌ passaggio dell'uomo a uno stato superiore di illumina– zione di visione di rapimento in verità che per lui abbiano il valore di q~elle dei sa~ti. « L'Uomo meta,fisico è il presupposto ideale del– l'estetica onofriana, - mi avverte un altro studioso di questo poeta, Enzo PalmierL - Questo è l'uomo a cui l'Onofri domanda una poesia cosciente, il cui fine è la costruzione concreta dell'Uomo universale)). Ohe cosa è quest'uomo ? La sintesi di tutto, mi spiegano: di tutto il senso che ,è in lpi della natura e di tutto il senso che è in lui del divino. L'uomo. intermediario fra l'Universo intero e il suo Creatore. Adunque un uomo di straordinaria potenza. Appunto questo ·sentimento di po– tenza fu ciò che mi colpì la prima volta che posi gli· occhi in uno dei recenti libri d'Onofri: Vincere il Drago. Da allora incominciai a inte– ressarmi del poeta. Quasi nulla avevo letto di lui dopo le sue Liriche giovanili; non sapevo che egli fosse vicino a morire. Egli lesse i primi giudizi miei sul letto di morte, e di là ricevetti le sue righe di ringra– ziamento, modeste e felici. Non potevano essere altrimenti. Chi cerca misurare con l'Universo la potenza della sua anima, non può avere che una naturale modestia come sua misura d'umanità nella vita comune. Non poche resistenze avevo dovute superare in me per afférmarmi che questo era un poeta di levatura insolita, e aveva talora un piglio da accostarlo ai grandi. Non poteva piacermi l'aria di fiori artificiali di certe sue immagini passate per il laboratorio di Mallarmé ; non poteva piacermi la terribilità di certe parole, tra lo scientifico e il metafisico, articolate di fil di ferro, delle quali la cc terrestrità del sole)) non è che un timorato esempio, né un certo uso dei verbi all'infinito sostantivati e caudati alla tedesca, con esageraz~ one d'una forma sintattica origi– nariamente nostra. La stessa musi.ca del poeta. non dà così frequenti, in Vincere il Drago, quegli esempi di armonia stupendi che poi apparvero raccolti per nostra beatitudine nel postumo fascicoletto : Sirrvili a me– lodie rapprese in mondo. Della vittoria sul Drago, della costruzione·eso– terica del poeta, dei rapporti organici di ogni parte col tutto che mi avrebbero chiarite le sue oscurità, mi importava alla prima lettur31 ben poco; ma anche senza di ciò gli ostacoli non erano scarsi. L'arresa a Onofri non fu dunque repentina. Nondimeno io avevo sentito un impeto coinvolgente tutto lo spirito e che mi affascinava. Quello sforzo d'un uomo per immergersi nel Cosmo, quel suo ardore e quella sua gioia nel– ~'adoperare a proprie costruzioni gli elementi ad esso rapiti, quel suo mteresse trasportato oltre l'umano, quella sua ebbra religiosa grati- BibliotecaGino Bianco

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