Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

90 U. Ojetti inventato le maochine, i'uomo le ha costruite, l'uomo le adopera, l'uomo può-reo-olarle. « Sempre l'uomo avrà dei desiderii insoddisfatti, ma pen– sate si la povertà, che in passato era la regola e il destino dei più e ancora lo è in tanti paesi, div,entasse davvero l'eccezione .... La, vera monotonia è quella che aocompagna la povertà>>. Questo vizio mentale di considerare i fatti, soltanto i fatti, dimentkando l'uomo, è l'l::redità dell'epoca scientifica e deterministica: dell'epoca che, del rest~, ha creato proprio queste innumerevoli macchine di cui ci gloriamo e ci doliamo. « Non temete (concludeva Pirelli), l'equilibrio sarà, ristabilito>>. ~d era un Italiano ad annunciarlo, cosi tranquillamente, agli Americam. Contro il romanzo. 14 giugno. Non so quanto i giovani seguano i consigli dei critici. Ai tempi miei, poco; adesso, credo, meno d'allora,, Nell'età matura,, cioè riflessiva, quei consigli vengono meglio meditati, anche se sono più inu– tili. Ma insomma un giovane che avesse letto nel primo fascicolo di Pègaso il saggio di Giovanni Papini « Su questa letteratura)), con l'av.– vertimento che romanzo e teatro non sono fatti per scrittori italiani (anzi, Papini diceva « per l'italiano d'ingegno))), e i tanti articoli scagliati contro quella discutibile ma rispettabile opinione, fino al libretto cli Titta Rosa intitolato addirittura « Invito al romanzo_)), che avrebbe dovuto fa.re? 'rra il pro e il contra, il proprio comodo. M a lo sc ritto del Papini ha avuto adesso un séguito· in Francia. L'editore Bernard Grasset due mesi fa ha dichia.rato che voleva addirit– tura oasser les reins a,u roman. Anche là, proteste e minacce. Un critico dotto e sereno come Émile Henriot ha invocato addirittura l'intervento della Sooiété de8 Gens de lettres. Grasset s'è spiegato: il male è che tutti adesso vogliono scrivere romanzi, storici, moraHsti, giòrnalisti, scienziati e poeti, perché sperano con questo mezzo di raggiungere un pubblico più vasto che scrivendo francamente di storia, di morale, di cronaca, di scienza o facendo versi. Donde, un genere contaminato e confuso, e la fine del vero romanzo dei romanzieri alla Balzac, il quale ha creato un mondo senza voler provar niente. E in fondo anche Pa,pini il romanzo l'intendeva così. Partiti da punti opposti, arrivavano alla stessa conclusione : vedano gli ,scrittori, prima di tentare il romanzo, se il loro ingegno sia capace di creare persone sode e vive e d'accompa- . gnarle nelle loro vicende senza intrusion~ di tesi e di commenti, e pensino che al buon successo e anche alla fama s'è arrivati per altre vie ~he quelle del romanzo, durante secoli e·secoli. ~· Storie e cronache e memorie hanno avuto in questi anni, nei paesi di molti léttori, esito maggiore di molti romanzi. Lo stesso cosi detto romanzo di Remarque non è un libro di memorie ? E le tante biogr_afie tagliate e presentate con la vivezza di romanzi, almeno quelle degne di durevole attenzione, dalla Regina Vittoria al Disraeli, non sono storia? Certo è che il romanzQ chiede una maturità che i più dei giovani ·roman– zieri non sospettano. Avrebbe Bruno Cicognani vent'anni fa scritto que– sta Villa Beatrice che fin dalle prime pagine ,è apparsa ai nostri lettori– come l'opera, piena, umana, dolente~di uno dei più autentici romanzieri che oggi abbia l'Europa ? BibfiotecaGino Bianco

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