Pègaso - anno III - n. 7 - luglio 1931

B. Oicogn11ni - Villa Bentrice ----~----- E s'avvicinò al letto e sedette sopra la sponda e le prese una mano: . - Dimmi un po' : che pensasti, ieri sera, di me? Ohe ài pensato, poi, dei miei discorsi d'ier sera ? Anche a me, poi, quando ci ò ripensato, son sembrati come fatti da un altro .. Ma tu devi aver capito da queJli come sia fatto il bene che ti vogHo e quanto te ne voglio : troppo forse, perché un uomo non dovrebbe arrivar mai a fare certi discorsi: non si dicono mai certe cose.... Eppure, vedi, an- · che quando si vuole un bene così non si perde mai il vizio di met– tere sempre noi anche negli altd: di voler sempre noi, almeno un poco di noi anche negli altri: eh! sì: perché tutti quei. <liscorsi avevano in fondo la pretesa mia di trovare in te· un modo di sentire compagno al mio. E invece,· amare davvero è pigliar la creatura com'è. L'ò scoperto stanotte: è una scoperta che ò fatto stanotte: bella come è bella questa mattina. « Cosa vuoi ? Son cosi)) : avevi ragione, ài ragione te. Non t'amavo ancora abbastanza. IDlla si sentiva spezzare il cuore arido. E macchinalmente arro– tolava l'orlo della coperta guardando fuori, là, il disegno dei monti. sull'azzurro chiaro. Provava il bisogno d'inghiottire :, e l'inghiottire le costava uno sforzo doloroso. Un braccio di lui le cinse il collo e allora si voltò, guardò il marito in faccia, imponendo a se stessa di mettere sé in quello sguardo : le si velarono gli occhi. E non era velo di pianto, ma per i,l calar delle palpebre. Ohe altro poteva per far capire che _quanto d'amore era in lei l'offriva a quell'uomo ? Lasciò cadere la testa rovescia sopra il guanciale. ]\fa neppure codesta mattina èlla fu capace di trovare la forza per dominar la rivolta della, propria carne: e c'era, di più, lo spa– vento della maternità. FINE DE•LLA PARTE PRIMA. (Continua). BRUNO OICOGNANI. Biblioteca Gino Bianco

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