Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

288 A. Forzano pur di rancare intorno a un po' d'argilla, lavora una giornata ra– pinato e la sera, se un lo tieni d'occhio, agguanta ~ar~ello e scal: pello e da dentro in tutto quel che trova. Rauca d1 qm, Rauca d1 là dammi la subbia che vo' lavorà ! Gua,rdalo, non si volta neanche e ~cchio ora che lanci ! - Dall'alto del muro l'uomo buttò il pezzo lucido d'argilla che stava maneggiando, allora lo scemo smise di colpo di cercare nel mucchio delle macerie e volse in su il capo. Lo sguardo gli affogava nell'acquosità delle palpebre gonfie e rosse ed egli batteva di con– tinuo le ciglia così forte che anche le mascelle gli ballettavano come se sghignazzasse; si avventò verso la creta ondeggiando nella furia sulla gamba sciancata che non gli resse, gli si afflosciò, gli si storse dolorosamente in quel dibisciarsi fino alla pallottola, in quella furia di modellarla così bocconi per terra. Lentamente una lunga nube bianca poi grigia si distrigò dalle cime dei monti, segnando nella gran luce della campagna un'ombra leggera in cui lentamente le erbe, le pietre ripresero forma; lo scemo la sentì passare e distese le mani come sotto una carezza, poi, come se gliel'avessero cambiato, si rigirò davanti agli occhi abbarbagliati lo sgorbio che aveva impàstato nel tremare basso della vampa, e scotendo il capo lo ri31ppallottolò. Man mano che la creta diveniva molliccia le sue dita la sfioravano appena e a tratti esitavano, quasi che un palpito riempisse la cavità tiepida del palmo; poi a lungo indugiava nel disvischiare i polpastrelli affondati e una smania gli saliva per le braccia e moriva lamben– dolo in mezzo al petto ansante, ubriacandolo, sì che quando strinse forte il pugno e l'argilla gli sguisciò di tra le dit_a egli la sentì viva e di nuovo con furia prese a· brancicarla, ad attortigliarla, gli parlò convulsamente. Gli occhi e un borbottare sordo seguivano il lavorìo delle mani, ma un'altra nube, leggera,, sfilacciata, sfumò su da una gobba lucente, si prese e si tirò dietro quello sguardo intontito: come fu sol.a, quasi che non avesse più forza di muoversi, rimase a illanguidire contro il cielo sbiancato e il borbottìo si spense sulle labbra. Lo scemo lasciò cadere l'argilla e restò immo– bile finché uno sbadiglio non gli mosse per la gola una vecchia nenia indecisa e bal_lonzol,ante come il suo arrancare per l'orto; _ senza accorgersene s1 trovo una zappa tra le mani e, per scuotersi l'uggia di dosso, la calò dove ancora un po' d'erba ingialliva tra le zolle rise_cchite. I pri~i colpi suonarono variamente, sordi, p,iù e meno alti, nella terra impastata di sassi ed egli ascoltò esitando prima di ribadirli in uno zappettìo fitto 'e rabbioso inter~otto solo dal raschiare del ferro contro una pietra più grande. A mi tratto si fermò e chinatosi smosse col palmo malfermo il terriccio intorno a un grosso scalpello arrugginito; lo prese e lo strusciò con la manica sempre più forte, ché sentiva il tremito crescere. E mentre · BibliotecaGino Bianco

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