Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

220 U. Ojetti - Settimanali questi disegni si sono chiamati cubisti. Per verità erano futuristi, ché il vero cubismo è statico e le sue scomposizioni erano per lo più di color grave e anche tetro, e una buona composizione futuristic_a, per la v_olontà di render-e sintetica.mente le linee direttive d'un movimento è mvece, come dicono dinamica cioè continua, troncata ma non conchiusa dalla, cornice: tipica qualità 1 per un disegno di stoffe. (Leggo in Marinetti che André Lhote ha chiamato il futurismo un oubisme sensible). Anche di tappeti, su disegni di questo genere, se ne sono fatti e se ne fanno in Francia, in Svezia, in Olanda. A voler continuare l'esem– plificazione, non è Tato un cartellonista esemplare? E non è Depero da anni considerato un maestro di aggressiva decorazione ? Ma forse i Futuristi, intenti a, debella.re Raffaello e Veronese, s'of– fenderanno di queste verità. E cosi avviene c he delle loro invenzioni si giovino da anni gli stranieri; che i fabbricanti italiani di sete o di tappeti, di porcella,ne o di tarsie non facciano capo a loro o, se mai, imitino da opere francesi o germaniche o austriache i disegni che i Futuristi italiani hanno inventati in Italia. L'italiano e i superlativi. 25 gennaio. Rileggo nel Diario di Emerson le note sul suo viaggio in Italia un secolo fa, nel 1833. A Napoli egli è a,nc6ra diffidente verso gl'Italiani o almeno verso i Napoletani. « A nation of little men, I fear, una nazione, temo, di piccoli uomini». Ma pian piano la sua anima di puritano in cerca di eroi morali si scalda, e s'innamora perfino della basilica di San Pietro. (Sedici anni dopo la morte di lui ne visitavo a Ooncord nel Ma;ssachusserts la casa anc6ra intatta, e dalle pareti del suo studio pendevano un ritratto di Virgilio, un ritratto di Dante e le stampe delle Sibille nella Cappella Sistina). A Firenze che è la città nostra dove Emerson si trovò più contento, notava: « Gl'Italiani usano troppi superlativi. Landor li chiama la nazione degli issirni. Un tale per dirmi che questa era la, stessa cosa c.l:i,e io avevo prima, dice : - E l 'istessissima cosa, - e alla trattoria il cameriere cui chiedo se la crema è buona, mi risponde: - Stupenda». •Giusta, anzi giui,tissima, osservazione -che punge una delle debolezze del nostro carattere: l'applauso per cortesia . .Se potessi, insomma, farei una legge per concedere agli scrittori un superlativo ogni cento pagine, pena il confino. Non potendo, mi consolo nel pensiero che in cento anni abbiamo fatto gualche pro~resso. Dalle sopraccarte gl'illustrissimi e i gentilissimi sono quasi scomparsi, sebbene mi sia venuta proprio st~ mane sotto gli occhi una sopraccarta dell'Università di Napoli dove il Chiarissimo signore si presenta bell'e stampato. Ma nei giornali i,ono, per compenso, cresciuti, tanto che oramai il semplice aggettivo vale più del superlativo. E che bisognerebbe cominciare dalle scuole: voglio dire, dai professori. UGO OJETTI. BibliotecaGino Bianco

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