Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

384 G. DUH.A.MEL, Scènes de la vie futiwe lotto attiguo. Tutti i paesi hanno i propri pregiudizi, e le corrispon– denti vie di escita, che le persone di spirito hanno escogitato. Resta una questione per me fondamentale: come potrebbe vivere un paese fatto davvero quale il Duhamel si immagina siano gli Stati Umti, senza vita spirituale, senza, riflessione, senza senso di onore, senza ~o– lidità morale, senza scrupoli, senza bellezza, senza amore, s'enza sforzo artistico o intellettuale, composto di masse cieche, guidate da bruti verso un ideale di comodità pratica? E come un paese siffatto avrebbe potuto ottenere dei successi nella vita politica e colpire l'immaginazione del mondo, anzi, rappresentare un pericolo,. come dice il Duhamel, per l'Europa civile? Vero che il Duhamel mira più lontano: vuol colpire la civiltà rriec– .canica moderna, il grammofono e il cinema, l'automobile e le cose fatte in serie, gli spettacoli sportivi e la coltura enciclopedica, la quale è rappresentata dagli Stati Uniti, ma vizia tutti i paesi. E il discorso sarebbe forse un po' troppo lungo, e pur semplice, e lo ha fatto molto bene l'operaio Dubreuil, quando con tanto buon senso ha difeso la macchina d'oggi accusata di incretinire il lavoratore, la. macchina che lo ha incretinito meno dell'antico lavoro manuale pesante, e che permette, a chi può, di risparmiar tempo e sforzo, per altre cose: beninteso, se di altre cose è capace. L'automobile non ha ancora atrofizzato le gambe dell'uomo mo– derno, il quale, anzi, ha prodotto campioni che batterebbero facilmente il Greco di Maratona. E le enciclopedie non hanno impedito l'erudizione e la creazione: l'hanno, se mai, spinte un gradino più in su; han co– stretto a cercare altrove l'originalità e la potenza mentale. Non è il caso di difendere la civiltà moderna, che si difende abba– stanza bene da sola, anzi qualche freno è augurabile, perché non riesca troppo presto a vincere. Soltanto, poiché siamo fra persone che si pic– cano di capir le cose, fra intellettuali, come si dice, non sarebbe il caso di domandare agli intel_lettuali un po' di carità, o, meglio ancora, un po' di intelligenza per questa civiltà moderna, che è la nostra, anche di quelli che la rinnegano a parole ? A me, libri come quE\llOdel Duhamel fanno l'effetto di quei disce– poli o seguaci d'una troppo celebre ballerina, che pretendono ritor– nare ai costumi dei Greci e se ne vanno in piena Parigi o Nuova York im– paludati entro lenzuoli non sempre candidi, con sandali ai piedi non sempre puliti e capelli alla nazzarena non sempre pettinati; mi fan l'effetto di gente che li apprezzerò soltanto a patto di vederli andare sempre a piedi o a cavallo, e di non incontrarli, come mi accade, in un vagone del metro o della 8Ub-way. Un libro ? Ma,, caro Duhamel, un libro è una cosa a serie, metodo americano; per esser coerenti ci vorrebbe un manoscritto, con le mi– niature. L'America incominciò allora, in Europa, e non ha cessato dal– l'andare avanti. GIUSEPPE PREZZOLINI.

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