Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

Freud e i motti di spirito 349 Curioso assunto -quello di Freud: voler trovare in ogni motto di spi– rito un'essenza diversa da quella che nel motto stesso interamente si spiega, con la particolare situazione e i chiari sottintesi e il tono origi– nale in cui sorge. Curioso e inconcludente. Del resto ripete quel paralle– lismo tra cosciente e incosciente, sul quale è tramata tutta la psicanalii-;i,. e dove l'uno è come l'allegoria dell'altro. Innanzi t~tto l'idea che Freud ha del linguaggio e della sua rela– zione col pensiero è affatto antiquata: così, con distinzione ingenua e pericolosa, gli avverrà di dire a proposito di qualche motto di spirito che il carattere spiritoso non è nel pensiero ma nella espressione, riprodu– cendo la vecchia distinzione cli figura di parola e figura di pensiero e la ancor più grave separazione tra pensiero e parola. E quando gli av– verrà di dire che un certo motto di spirito è una condensazione ed ellissi, non sospetterà che l'approssimativa figura grammaticale non spiega nulla. Infine egli non si occupa affatto, se si eccettuino certi accenni alla pantomima, di esamìna1·e il bon rnot delle altre arti, dalla musica all'ar– chitettura. Avrei voluto che Freud, ricerca.tore della tecnica del bon mot verbale, s'applicass<:> a trar le sue conclusioni nel campo rarefatto della musica, ove si dovrebbe toccar con mano che non v'è altra ragione e causa e significato di un momento 1,piritoso, che quelli originali e autonomi in esso impliciti (anzi espliciti perché il sottinteso è espresso appunto come ombra). E vorrei che Freud esaminasse, poniamo, gli spiritosissimi (dico quando son tali) disegni animati e sonori : e il lin– guaggio dei gesti e della danza: che possono far pensare a un vocabo– lario dei gesti e dei movimenti, con significazioni pari a quelle di una lingua verbale, e con una etimologia e una filologia cronologiche: dai gesti più grossi a quelli più sottili. e quasi ridotti a un battito cli luce sulla maschera umana. Temo che Freud si sarebbe cavato d'im– barazzo scoprendo, in ogni gesto, la metafora di un represso desiderio sessuale. Con un'idea antiquata e contemplativa del linguaggio, del quale gli sfugge il punto originale, perché la parola è nuova anche quando sembra ripetizione consacrata da_ll'uso (e perché parlare se si doveRsero ripetere soltanto vecchi discorsi ?) Freud intesse le sue analisi e iuter– pretazioni: le quali sono punto difficili, e, in ogni caso, son superflue, perché mentre non illuminano il motto più di quanto la presenza sola del motto riesca a farsi luce, non ne trovano poi una spiegazione univer– sale. Non possono trovarla perché il mot d,esprit non può assorgere a categoria, come, _per esempio l'arte, di cui troviamo l'essenza in ogni possibile realtà espressiva. Ecco qui l'impiegato del lotto e callista di Heine, e che parlando dei suoi rapporti col barone Rothschild, innumerevole milionario, dice: « Dottore, quanto è vero che Dio mi protegge, Salomone Rothschild mi trattava da pari a pari in maniera veramente farnilionare ». La tecnica spiritosa di questo motto, secondo Freud, è il risultato di una condensazione, con una sostituzione, che è poi la parola composta fa– milionare, da familiare e milionario. Or questa non è affatto una spie– gazione scientifica, ma la prima impressione ovvia, alla quale tuttavia "blioteca-G1no Bianco

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