Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

Della letteratura liberatrice 145 misurare ci resta in111anzidi toccare le a1tezze domiJUate da' [lOStri maggiori. Tema.1110 gl'Italiani sopra ogni ca111chero,la verbosità che è di grandi mali effetto ed i111izio. E quel che Orazio della vecchia Sabina potrebbesi ripetere della, povera Italia. Non la tosse e non il tossico, Non la febbre e non la sciatica, Non la spada il finirà: Un ciarlon l'a=azzerà. Dai ciarlon, s'egli ha giudizio, Fatto grande scapperà. E [lOn è _vero che l'arte sia sempre impotente a ,migliorare la vita : impotente è se amore puro degli uomini e di Dio non la ispiri : impotente è a curare i mali invecchiati, non a preparare gradata– moote quanto conferisC€ a robusta sanità. El pur dicean che di là dove i colli Si vengon dimettendo in molle clivo All'acqua e a1 vecchio scapezzato faggio, Tutto co' versi suoi salvò Menalca. Fama ne fu : ma i versi nostri tanto Tra le crude armi pon, Licida, quanto, D'aquila appetto, dodonèe colombe. Quest'è vero, ripeto, ne' pericoli estremi: ma ne' ,pericoli estremi, norn che l'arti, 1110111 valgono l'armi. E le arti, per tempo adoprate e degnamente, po,ssono sanare quelle membra piagate che le amni do– vrebbero troncare poi con ispasimo ,grande. Badiamo che la bellezza ,non sia arme omicida, tinta nel veleno degli odii. Quella turba di scrittori francesi che nel secolo scorso gracchiava applaudita dietro al Diderot e al Volt.aire, ed empieva l'Europa della mediocrità sua, bestemmiatriC€ e i!Ilsolente, par quasi polvere che cade col vento. Pochi nomi rimangono; e a questi con– tra.stata e mista di compassione la lode. V'assf>nni, o Italiani, l'esempio. NICCOLÒ TOMMASEO. 10. - Pèga8o. Biblioteca mo Bianco

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