Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

28 M. Bonfantini • Boccaccio e il « Decamerone » V'ar,enei disperati ,studi che avevaino affrettata la fine del venerato arrni00 e maesfil'o, Vittorio Al:fi.e:ci, u.oo, incredibile e 1001truna somi– glia.nzia ·oon gli uliti'Illi anni -s1mdioisi e fatioosi del ,suo Boocaccio. Due grandi vie 111ascevruno per lui da Dante, quella deJlla poesia volgare, e quella della scietnza divina: egli penò assai a distaccarsi dalla prima, ma fini oon I,o scegliere la second'a. Si penti d'avere ac,cettwto di spiegar Dante al «volgo>>; la poesia divenne per lui ill mezzo più degno di a.cceruiare alle etemè verità, la scienm letteraria U111 graindioso cor,so di mmale: la cultura aintic,a,dloveva ooaifluire nel cristianesimo per un nuovo cattolicesimo umanista, una reli - gione da letterati. Se !Ile togli qualche imp,rovviso smarrimein,to ascetico (abbastamza facilmente superafo del resto, con l'aiuto del saggio Petrarca), il più delle volte la corona dei poeti, il « sacro alloro>> dantesco, doveva sembrare al Boccaccio il naturale equi– V'alente, sullla terra, dell'aureola dei 1s3.1Ilti su in cie1Q.Egli prosegui oosi, isolo, per ~a ,sua !Iluova via, veriso le ombre della morte, senza più voltarsi indietro, la,scia.ndo sempre ,più lontaino aJle sue spalle il Deaamero1ne. · MARIO BONFANTINI. BibliotecaGino Bianco

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