Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

588 G. Bucci tornava in cuore un bisogno onestissimo e donnesco: quello di esser guardata e di guardare. Nel bauletto, piccolo e panciuto, che partiva « a grande velo– cità>> tre gioooi ,prima che noi si ,prendesse il treno, noi vedevamo « mammà >> ripiegare con gra;n cura, sopra il piano della bianche:ia bene stirata, tutti i suoi vestiti estivi: tra sgonfi, gale, merletti e altre gua~nizirn1i, riempivano in quattro un (llletro cubo, e noi ragazzi dO'Vevrumo studliar bene ,per t ~ova.re da ullla p:3il'te il c.anton– cino dove :fiooa1re di 1I1a,s0o;sto il rotol o leg,a to e sigillato, che chiu– dev~ il mirstero : la scatola dei colori, la craccollta dei franooholli, i Cento Racconti dello Smyth .... tutti i tesori che a quei tempi ba– stavano per far felice un alunno di prima ginnasiale, promosso a luglio senz'esami.' Se « mammà >>si accorgeva di quel fro<lo alla dogana, erano strilli : - Che bisogno dovete aver voialtri, ragaz– zacci, di tutte queste cianfrusaglie? per un mese! ... Eooo che mi avete sciupata la toiirnure ! · Quando quel benedetto baule era arrivato in cima alla scala grande a Fossombrone, e il facchino dell'agenzia, adagio adagio, lo scaricava sull'ammattolllato della camera « di mezzo)) (vedo il fac– chino, scamiciato e rosso, che si scote 1 il sudore dlalla fro1I1tecon l'indice della sinistra, e tende la destra al bicchierone di vin d'oro, che la Nuccia g,li vien mescend,o dailla boccia di tavola: - ·Perché si è voluta i1noomodare, sora Sestilia? - e vedo la ù31illera << di mezzo>>: il cwssetto1I1ealtiissìmo, giaJlo canarino, che rogge la specchiera roccocò tutta appannata e davanti uno .specchio più piiecino, riqu81driato; il oruminetto di marmo, 00n sopra gli ,scaJdini di terraootta a fiori, che aveva portato da Pesaro zia Rubillletta, e i due armadioni, uno verde pisello e uno marrone, con dentro quella selva di scatole; dì grucce, di fagotti, che er~ così bello chiudercisi dentro di ,sorpresa, quando si faceva a nasconderella e fare il nostro cucù smorzato dal fruscio deille .sottane !) - allora mia <111adlre,' umo per uno, spiegava i :-uoi vestiti sopra i letti, che ,perdes•~ci le pieghe, e mentalmente fac,evà la rassegna: tanti vestiti, trunte feste. La festa veniva. · Rivestirsi non era affare da poco : prima noi,· coi 1I1ostrivestiti alla marinara, fitti di ancorine- dorate e di uncinelli, e con gli sti– valetti di pelle chiara a d 1odici bottoni, che no1I1 tornavamo mai. Poi si vestiva lei ed i :figlioli dovevamo aiuta,r la mirudre: ag,ganciàr la sot~allla aJla, vit·a da ves,pa, abbottonare ,sul fianco il bolerino) allacciare la veletta a maglie larghe sopra la cappotti!Ila luccicamte di lustrini.. .. e qurundo la grande fatica era finita, bisognava averla fatta per qualcosa: farla vedere, quella grazia di Dio, a Zia Mar– tina, alle cugine, « agli amici, nemici e benefattori))! Quindi di- 1 . ' cevo, messa u tima sì, ma anche cantata, per prender due picciooi BibliotecaGino Bianco

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