Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

.. Gente in .Aspromonte 553 uaso che si attacoava dritto alla fronte e che le dava un'espres– sione attonita. Egli ,si mise a fare, sul ruscello che correva sotto .il ponte, l1lil polllticelllo dri canne, -poi Ulll giard'ino intomo, poi il reci1I1to d'unai, mandra, poi una piccola ,montagna. Lavorava dili– gentemente. Alla fine la bambini disse sgranando .gli occhi: - Oh, che cos'è? - e indicò tendendo il dito, l'opera del ragazzo. - Que- 1 sto è 11 fiume, questo ill giardino, questa è la montag1na, questa la mandra. - Ma non ci ,sornogli animali. - Alllora Amtonello prese dei ciottoli levigati, e li sparse qua e là. - Ecco la mand,ra. - Oh, no,n è vero ! - Aveva illl braccio una bambola che consisteva iin un sasso tond-o riinvoltolato iin um. cencio bian00, come una mazza. I1 cencio che ricascava da tutte le parti era la gon1I1elladeJJla bam · bola che IIlOnaveva né oochi 1I1é ·bocca. - E questa che cos'è? - disse il ragazzo iindicandola. - È la mia bambola. - Ella la teneva gelo– samente stretta in ,grembo, e di quando in quando la guardava :fi,ssa alio1I1tanandola da sé fra le mami giunte. Poi le si avventava contro e le ,stampava di' quei baci caldli e quasi rabbiosi che sanno dare le madri, COIIluna feroce tenerezza. Antolllello la considerò un poco, poi le si accostò. Se la sentiva respirare vici!Ila. Poi si misero. a giocare e staibilirono. che Antonello era H tlilarito ed ella la mo– glie. _..:. Come ti chiaimi 1 rag,a,zzim1? -- Teresa, - disse ella i,rndiffe– r1>ntecome ·se dicesse il nome d'una pi3!Ilta. - Bene, Teresa, a idesso io tomo a casa. - Allora Teresa fece le viste di aver molto.da fare. Stese la biaililbolailllterra, e di qu3illdo in quando le diceva: - Zirtta, zitta, aidesso vengo a darti il latte. - Ma appena ebbe detto questo J.e venllle da ridere, e. vergognàndosi delle sue rparole si nascose con le ma!Ili la bocca. Poi si mise a soffiare su un fo0olare immagi!Ilario, • buttata in terra. Mentre ,st-avano oosi apparve il Pretin-o. ~ Ohe fate? - Gio– cbiarno. - Mi fate giocare anche me ? - Ma tu non sei il Pretino che non gioca? - Io posso giocare, chi lo ha detto che IIlOIIl posso giocare ? - E poi in tre nOIIl _s i può gfo care, - d1sse fa barrn.bina: _..:. bisogrna essere soli per poter gioca.re. - Ella diceva queste cose tranquri.lllamoote, assorta. - Vuoi vedere come si gioca? - Ve– diamo. - ,Ma il Pretino deve andar fuori. ~ Questa è la mia stanza. Allora io ,mi oorioo e tu ti corichi accanto a me. - Il Preti!Ilo si scostò um. ,poco fingendo di stare dietro la porta. Invece guardava attento, con gli occhi fissi. Anto!Ilello ,si coricò accanto alla bam– .bina, e. guardava il Pretino. Ella gli si stringeva accanto, e sootiva il suo respiro che era come ila voce di un insetto nell'aria. Anch'ella fa 1 eeva col respiro um. ronzio come se avesse U!Il'apenel petto. An– tonelllo scese dopo un poco e non sa,peva, che dire. - Mi fai iprovare anche a me? - disse il Pretino. - Vieni, d,isse ella stando sdraiata e agitando le mani. Aveva un'aria assorta e ,sofferente. Il Pret1no le stette accanto um. rpooo ed ella gli carezzava la testa. Il ragazzo BibliotecaGino Bianco

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