Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

Cronaca del cinematografo 617 di pellicola in che consiste il famoso « montaggio » lascia alquanto per– plessi. Con tutto ciò Sole insegna in Italia come l'elemento folkloristico offra una ricchezza che può e anzi deve distinguersi dal volgarmente pit– toresco. Serva di contro-esempio La Graz·ia, dell'« A. D. I. A. Film», dove invece l'ambiente sardo sa tutto di trucco: il costume ridotto a maschera. L'elemento folkloristico funziona qui come una specie di esotismo a domicilio. E cioè in un certo senso non è necessario sal– pare per le Isole Marquesas; un film «documentario>> del valore di M oana) basta andare che so io ? in 1 Sardegna, in Sicilia, in Calabria, per realizzarlo ma ci vuol l'arte consumata di un Flaherty. In questo senso · ogni lembo del globo, sia esso il più familiare, è una terra vergine che attende solo d'essere scoperta. Il merito speciale di Blasetti sta nell'aver scelto in pieno giardino d'Europa la ingrata bellezza della pàlude e di avervi aggruppata quella masnada a brandelli salda e cupa. Veramente abbhtmo avuto davanti a noi le Paludi Pontine, flora e fauna, e riman– gono vive nel ricordo. Come non si dimenticano quella Lupa che circola zitta, e torva ma ·piena e tepida nella sua biondezza in mezzo alla frotta buia di quei satiri, e quel giovane Silvestro dagli occhi lustri nel viso aguzzo e dalla cruda cièatrice alla gota: due attori che meriterebbero d'essere addestrati e che mi auguro di rivedere. Ma Blasetti ha fatto fin troppo se si pensa in quale atmosfera Iia realizzato la sua opera e per poco che ci s'interessi a questo problema della cosiddetta rinascita del film italiano è preoccupante notare come la sua esperienza rimanga solitaria e senz'eco. Indifferenza del pubblico da una parte, inerzia dei possibili finanziatori d'imprese cinematograifiche dall'altra, questo stato minaccia di diventar cronico: basta dare un'oc– chiata alle recenti statistiche. Lasciamo stare il caso della Russia che in pochi anni, con pochi films) ha saputo acquistarsi un così indiscusso primato. Ma guardiamo a quella cattiva produttrice di films ch'è sempre stata l'Inghilterra e ·vediamo che tuttavia nel 1929 essa viene dopo Ame– rica, .Germania e Francia con una produzione di più di 20 films. Per contarè quelli italiani bastano le dita di una mano, e ce n'è d'avanzo. E ciò, perché in Inghilterra esiste, se non così diffuso come in Germania, certo in alcuni ambienti raffinato- come in Francia, un gusto per i risul– tati, e un interesse per le ricerche del cinematografo. Sono parecchi anni che riviste e ,giornali si sono. messi a discutere la produzione cinemato– grafica internazionale alla stregua di quella letteraria e teatrale e son pure parecchi anni che funziona la « Film Society » istituzione che come i « Ciné Clubs >> di Parigi, Ginevra, Madrid, la « Film Lige >>di Amster– dam, il << Film Club >> di Bruxelles, il « Club du Cinéma >>di Ostenda, il « Film Arts Guid >i di New York, riunisce quanti s'interessano ai pro– blemi del cinematografo e promuove una cultura cinematografica assi– curando ai suoi aderenti la visione di filrns di repertorio o di assoluta novità, in breve films che per ragioni pratiche o di altra natura non sono visibili nelle pubbliche sale. Ho citato proprio l'Inghilterra perché le difficoltà in cui si dibattono i fautori di una produzione cinemato– grafica nazionale inglese sono simili e non minori di quelle tra le quali ci troviamo impigliati noi. In Inghilterra però c'è stato chi non ha considerato insormontabili queste difficoltà; tanto che Hitchcock negli BibHotecaGino Bianco

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