Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

La pronuncia del latino 615 quanto, se leggo bene tra le righe, come dire ? di verità inopportuna, di una verità rivelar la quale è quasi alto tradimento, come se la nostra dignità nazionale consistess~ in un ,gretto e bizantino e grottesco vanto; come se fosse ancora il tempo di quelle menzogne di guerra che, per quella certa brevità crurale congenita alla bugia, tanto hanno nociuto anche durante la guerra; come se non fosse dovere preciso di ogni stu– dioso la sincerità : dir la verità, quella che a lui par verità e solo quella. E lo strano è che l'articolista sa benissimo (poiché lo dice) che la diversità di pronuncia non ha mai impedito a nessun popolo (egli no– mina i Francesi) « di produrre ottimi latinisti», che è l'essenziale. E allorn. donde tanto risentimento ? Ma anche più strano è che egli bolla per quel che valgono i ridicoli vanti non certo di studiosi ma di dilet– tanti Francesi, di essere essi i depositari della pronuncia vera, e poi non si accorge di scendere sul loro terreno, di fornire loro armi, accet– tando la loro posizione, pur cosi puerile, del problema: Chi ha la pro– nuncia vera ? Il Rinascimento, con la sua teoria della doppia verità, che portava dritto dritto a un'ipocrisia dispregevole, è passato da un pezzo, e passata è la Controriforma: la verità francese non può esser debellata che dalla. verità senz'epiteto. GIORGIO PASQUALI. B1blìotecaGmo Bianco.

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