Pègaso - anno II - n. 1 - gennaio 1930

98 G. Alberti - Cinematografo 1929 Questo fi-lm non si narra. A citare, a,d es., la scena dei pescatori di perle che s'inabissano colla perpendicolare ineluttabilità di certi dan– nati del Giudizio Finale di Michelangelo o quella brevissima finale degl'indigeni pervertiti all'uso delle vesti, dei liquori e delle sigarette, tutte le altre scene s'affollano al richiamo evocativo con uguale diritto: è la continuità di questo poema sinfonico al quale cediamo con totale adesione, che si r1fiuta a qualsiasi sbocconcellamento. Fin la musica collabora, non descrittiva ma che soltanto amplifica l'intima risonanza della vicenda e mantiene ininterrottamente intorno ad essa l'indimen– ticabìle illusione di una vasta presenza liquida. Tema dell'Amore, tema della Maledizione, tema dei Bianchi, tema degl' Indigeni, ecc. ; chi li disgiunge più dai vari nodi dell'intreccio e viceversa? Se questo è il film sonoro, ben venga: diciamo il film sinfonico. Ma niente ventri– loquio. Ombre bianche tuttavia bisogna dire che ha un precedente: prima di Van Dyke, in Polinesia coll'apparecchio di presa era già stato Flaherty (il realizzatore di Nanouk e di Chang) e ne aveva riportato il suo capolavoro, Moana. E la vita di Moana, il figlio del capo, nei vari epi- ,sodi di caccia e di pesca, ,fino al tatuaggio di fuoco che preludia a quella stupefacente danza nuziale, è certo molto superiore a quel breve « docu~ mentario >> che, intercalato a un certo punto, appesantisce ombre bian– che, anzi ne rallenta la bellezza del movimento. Per quale motivo, da cinque anni ch'è in circolazione, Moana non ha varcato la nostra fron– tiera come i suoi fratelli minori Ohang e Nanouk? Lo rammentiamo a ogni modo non tanto ai pubblici distributori di films, quanto alle ini– ziative private, tra le quali va segnalata quella recentissima del Teatro di Torino. Ma intanto accontentiamoci di aver potuto vedere e rivedere Ombre bianche. E poi, forse, perché paragonare un dramma a 11nidillio ? Finalmente, proprio nell'ultimo scorcio dell'anno, sono cominciate per l'Italia le rappresentazioni di Sole, di Alessandro Blasetti (produ– zione Augustus). Non bastando all'ampia trattazione necessaria l'unica e affrettata visione che ne ho potuto avere fill<;>ra, rimando alla prossima volta il discorso sul film italiano. Il film italiano è uscito dal limbo delle speranze : scopriamo in Sole indubbie garanzie :per il suo ayvenire. GUGLil!JLMO ALBIDRTI. BibliotecaGino Bianco

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